È di questi giorni l’emanazione della circolare regionale n°261331/GR/11/02, con la quale vengono segnalate le UNICHE strutture in grado di prescrivere i piani terapeutici per la PMA secondo la NOTA AIFA n°74.

Tale circolare interviene, quindi, a regolare l’accesso alle cure farmacologiche a carico del SSN per tutte quelle coppie che affrontano le infinite difficoltà sottese alla ricerca di un figlio che, con la procreazione naturale, non arriverebbe mai.

Ma andiamo con ordine. Inizialmente, la Circolare Assessorile n°5/2000, confermata da una più recente circolare del novembre 2004, prevedeva la possibilità di prescrivere piani terapeutici per la infertilità sia per le strutture pubbliche, che private convenzionate, ma anche per i centri privati iscritti in apposito registro. Tutti questi soggetti qualificati, potevano, cioè, prescrivere i piani terapeutici relativi ai farmaci necessari al percorso di fecondazione assistita, che a loro volta, dal medico curante, venivano prescritti su ricetta rossa a carico del servizio sanitario nazionale (ferme restando le regole proprie in riferimento a ticket ed esenzioni).

Con la nuova circolare, invece, solo i piani terapeutici prescritti dalle strutture, tutte pubbliche, presenti nel detto elenco, potranno essere prescritti a carico del SSN, mentre, per chi si rivolgerà a strutture private, i farmaci resteranno acquistabili a totale carico del portafoglio personale.

Le conseguenze di una tale, peraltro immotivata ed erronea decisione, sono di enorme gravità e rappresentano un ulteriore mortificazione per chi affronta infiniti problemi, personali ed economici, per cercare di far avverare il sogno di essere genitore.

Inoltre, come ogni cosa fatta da chi evidentemente non conosce il terreno sul quale interviene, fa sorridere il fatto che di tutti i centri autorizzati, solo due eseguono tecniche di PMA, mentre nei restanti casi le strutture pubbliche non praticano la PMA a nessun livello. Di contro, resta invariata la regolamentazione dei rimborsi che vengono erogati alle altre regioni in tutti i casi nei quali dei residenti laziali vadano ad eseguire una PMA in “trasferta”.

Quello che ci si chiede è il perché di una siffatta decisione. Non è un problema di costi, giacchè se tutte le coppie decidessero di rivolgersi alle strutture suddette il SSN verrebbe comunque gravato delle prestazioni relative ai farmaci. Non è un problema di efficientamento, poiché la maggior parte delle strutture continueranno a non eseguire tecniche di PMA e le uniche due che sono in grado di farlo verrebbero subissate di richieste con conseguente decadimento dei servizi in termini di qualità e di velocità. Non è un problema di affidabilità o protezione del cittadino, giacchè è il settore privato che ha portato avanti studi e ricerche e, fino ad oggi, ha garantito prestazioni impeccabili e continuo perfezionamento dei protocolli.

Le conseguenze economiche sono disastrose poiché i farmaci, quali ad esempio le gonadotropine, hanno costi elevatissimi che potranno essere sostenuti solo da una piccola elite di persone con buona pace della eguaglianza sociale, della parità di diritti, della parità nell’accesso alle cure.

Alla luce di queste considerazioni, non rinvenendo un unico e solo motivo per il quale, allo stato attuale, tale circolare possa trovare un senso, resta una unica certezza… nel Lazio le coppie con problemi di infertilità dovranno combattere contro un nemico in più, la “scure” dei tagli, difficile da battere forse più della infertilità stessa!

Avv. Gianluca Mari

 

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