L’interruzione del rapporto di lavoro è legittima solamente in caso di una grave insubordinazione o di un inadempimento di gravità tale da minare la fiducia del datore di lavoro

Rifiuto di svolgere l’attività ordinata dal capoturno e utilizzo di toni minacciosi nei confronti del responsabile dello stabilimento. Queste le motivazioni alla base del licenziamento di un operaio che, ritenendo ingiusto il provvedimento era ricorso alle vie legali.
Sia il Tribunale che la Corte di Appello gli avevano dato ragione annullando il provvedimento. Per il Giudice di secondo grado, in particolare, non poteva ritenersi raggiunta la prova dell’insubordinazione a un ordine del capoturno, in quanto l’attività ordinata risultava essere stata svolta. Gli elementi istruttori raccolti avevano unicamente dimostrato l’insorgenza di una discussione animata tra il lavoratore e il responsabile di stabilimento, con uso di ‘toni inurbani’ nei confronti del superiore.
La condotta del lavoratore, pertanto, non poteva essere considerata così grave da giustificare il licenziamento, in quanto non si era realizzato “né un inadempimento di tale gravità da minare la fiducia del datore di lavoro nei successivi adempimenti né una grave insubordinazione”.
La vicenda è quindi approdata in Cassazione, su ricorso presentato dalla società datrice di lavoro, la quale evidenziava che la Corte d’appello non avrebbe applicato correttamente la normativa vigente ( art. 2119 c.c. e art. 3 della legge n. 604 del 1966), trascurando che i “reiterati, sprezzanti ed offensivi comportamenti” del lavoratore avevano compromesso il vincolo fiduciario e dovevano essere valutati complessivamente.
La Corte di Cassazione, tuttavia,  con sentenza n. 1315/2017, riteneva di non aderire alle argomentazioni proposte, respingendo il ricorso in quanto infondato.  Secondo i Giudici Ermellini, nello specifico, la Corte d’appello aveva adeguatamente esaminato le condotte poste in essere dal lavoratore, accertando che non erano state di gravità tale da giustificare il licenziamento. L’unico elemento di rilievo ravvisato dal Giudice di secondo grado era “una animata discussione” tra il lavoratore e il proprio superiore che tuttavia, molto probabilmente, era “conseguita ad un rimprovero ritenuto eccessivo”.
 

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