Inviare lettere anonime configura o no il reato di molestia? La Cassazione, con una recentissima pronuncia, si è espressa sul punto con delle precisazioni importanti.

Inviare lettere anonime può far sì che si dica integrato il reato di molestia? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione, I sezione penale, nella sentenza n. 15523/2018.

Secondo gli Ermellini, il reato di molestia e disturbo alle persone si configura solo se la condotta è compiuta in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono.

Pertanto, l’invio di lettere anonime non configura il reato di cui all’art. 660 c.p..

Questo perché tale tipo di illecito si realizza con altri tipi di disturbi alla persona, oltre che “per petulenza o per altro biasimevole motivo”.

Nel caso in esame, i giudici si sono pronunciati sull’impugnazione del provvedimento con cui il Tribunale di Rimini aveva riconosciuto l’imputata colpevole dei reati di cui agli artt. 81 (Concorso formale) e 660 (Molestia o disturbo alle persone) del codice penale.

Nello specifico, alla donna era stato contestato l’invio di lettere anonime, che erano state lasciate nella cassetta delle lettere della vittima.

L’imputata ha affermato, in Cassazione, che la decisione di condanna non fosse stata adeguatamente argomentata, in quanto non dava conto degli elementi costitutivi del reato contestato, rilevanti sia sotto il profilo dell’elemento oggettivo sia sotto quello dell’elemento soggettivo.

I giudici di Cassazione, accogliendo l’impugnazione, hanno evidenziato come il reato ascritto alla donna di cui all’art. 660 c.p., implichi che l’agente rechi molestia o disturbo “in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo”.

Ebbene, nel caso in esame, la condotta della donna non rispondeva a tali caratteristiche.

L’invio da parte dell’imputata delle lettere anonime, non si era concretizzato in un luogo pubblico o aperto al pubblico.

Non solo. Non c’era stato utilizzo del telefono, con la conseguenza che la condotta risultava priva di rilievo penale. Era pertanto insussistente la fattispecie oggetto di contestazione, così come prefigurata dalla giurisprudenza di legittimità consolidata.

Alla luce di tali evidenze, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per insussistenza del fatto.

 

 

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