La Corte d’appello di Bologna ha affermato il carattere ritorsivo del licenziamento intimato ad un lavoratore e disposto l’applicazione dell’art. 18 legge n. 300/1970, con reintegra del medesimo nel ruolo già occupato

La vicenda

La società, impiegata nel settore del trasporto per conto terzi, gli aveva inviato una lettera raccomandata nella quale esponeva le ragioni del licenziamento: il forte calo del proprio fatturato e la circostanza che la mansione da lui svolta fosse attinente al ruolo di autista, ragion per cui egli non avrebbe potuto essere reimpiegato con mansioni diverse.

Ma a detta del ricorrente, la vera ragione del licenziamento era l’intento ritorsivo del datore di lavoro che, non a caso, aveva adottato quel provvedimento proprio in concomitanza col periodo di malattia e dopo avergli richiesto il pagamento di tutte le ore di lavoro straordinario e delle retribuzioni non corrisposte.

Ed invero, nel giudizio di primo grado la Società non aveva allegato alcuna produzione, né dedotto od offerto la prova della diminuzione del fatturato complessivo dell’attività, della crisi aziendale o della necessità di ristrutturazione con riduzione del personale, limitandosi sempre a sostenere che era calata l’attività di trasporto ma si era incrementata quella di disidratazione dei fanghi.

Al contrario, il lavoratore aveva dedotto che da ricerca su Internet risultavano appalti (servizio di disidratazioni dei fanghi disidratati alle destinazione finali) di durata triennale, aggiudicati dalla predetta società.

Né era stata fornita alcuna giustificazione in ordine alla impossibilità di reimpiego, dal momento che tutti i dipenderti al momento del licenziamento erano fungibili in quanto assunti con le stessa mansione di autista.

Ebbene, -a giudizio della corte territoriale -, il motivo oggettivo di licenziamento non solo era insussistente, “ma all’evidenza artificiosamente creato e dedotto al solo fine di conferire una parvenza di legittimità al recesso contrattuale e ciò costituisce un primo – e non irrilevante elemento presuntivo della ritorsività del licenziamento”.

Al riguardo, la Corte di Cassazione (Cass. 8 agosto 2011 n. 17087) ha chiarito che: ” l’onere della prova della esistenza di un motivo di ritorsione del licenziamento e del suo carattere determinale la volontà negoziale grava sul lavoratore che deduce ciò in giudizio. Trattasi di prova non agevole, sostanzialmente fondata sulla utilizzazione di presunzioni, tra le quali presenta un ruolo non secondario anche la dimostrazione della inesistenza del diverso motivo addotta a giustificazione del licenziamento o di alcun motivo ragionevole”.

La decisione

La Corte d’Appello di Bologna ha allora, accolto la prospettazione del reclamante affermando che “la condotta datoriale era la illegittima reazione non solo alla protratta assenza per malattia (che costituiva un diritto per il dipendente) ma anche alla richiesta di pagamento di tutte le ore di lavoro straordinario e delle retribuzioni non corrisposte (che costituiva, ancora una volta l’esercizio di un diritto da parte del (omissis) presentata innanzi all’Ispettorato del Lavoro di Reggio Emilia, a seguito della quale la società era stata costretta a riconoscere il pagamento di tutte le ore di straordinario prestate “.

Per tali ragioni ha disposto l’applicazione dell’art. 18, co 1 e 2, della legge n. 300/1970, come novellato ex legge n. 92/2012, e ordinata la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro, con conseguente condanna della società al risarcimento del danno commisurato all’ultima retribuzione globale maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione.

La redazione giuridica

Leggi anche:

E’ VALIDO IL LICENZIAMENTO IMPUGNATO DAL DIFENSORE MUNITO DI PROCURA

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui