Liquidazione dei compensi al custode, di cose sottoposte a sequestro in caso di archiviazione del procedimento penale: qual è l’organo competente?

Il giudice per le indagini preliminari di Firenze, con proprio provvedimento, aveva disposto la restituzione degli atti al Pubblico ministero assegnato, perché provvedesse alla liquidazione dei compensi di un motoveicolo sequestrato, ritenendo la competenza di quest’ultimo in base ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

La questione sulla competenza

Secondo il giudice fiorentino, infatti, la competenza a decidere in materia, è del magistrato che dispone materialmente degli atti al momento in cui sorge la necessità di provvedere (nel caso di specie, al momento della richiesta di liquidazione).

E, nel caso in esame, la richiesta di liquidazione era avvenuta quando ormai quest’ultimo, non era più nella disponibilità materiale del fascicolo penale, essendo stato il procedimento chiuso con archiviazione e successiva restituzione degli atti al Pubblico Ministero.

Non la pensava allo stesso modo il Pubblico Ministero che, per converso, impugnava il provvedimento tacciandolo di abnormità.

Il tema, come anticipato, verte in materia di riparto delle competenze a decidere sulla istanza di liquidazione dei compensi di beni sequestrati al custode, tra il pubblico ministero e il giudice per le indagini preliminari, nel caso in cui l’istanza sia stata presentata successivamente alla archiviazione del procedimento e alla restituzione del fascicolo al pubblico ministero.

Nel caso in esame, secondo l’organo requirente il collega, giudicante, avrebbe posto in essere un atto del tutto abnorme.

Il parere della Cassazione

Occorre subito premettere – affermano i giudici della Suprema Corte, che intanto un provvedimento può dirsi abnorme, in quanto, per la sua singolarità, si pone al di fuori del sistema organico della legge (sotto l’aspetto strutturale); quanto al profilo funzionale, nel senso che il vizio viene ravvisato quando l’atto, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo, ovvero quando esso provochi indebite regressioni del procedimento, ponendosi in tal caso anche in contrasto con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo si cui all’art. 111 cost. comma 2 (Sez., VI, n. 2325/2014; Sez. Un. n. 5307/2007).

Nel caso in esame l’atto non può dirsi abnorme né sotto il profilo processuale né sotto quello funzionale.

Quanto al primo aspetto, il provvedimento non può considerarsi eccentrico e avulso dal sistema, posto che non vi è altro strumento per il giudice che ritenga la propria incompetenza a decidere, se non quello di disporre la restituzione degli atti alla procura. E, neppure può parlarsi di conflitto di competenza, che per il nostro ordinamento è configurabile solo tra organi giurisdizionali e non anche tra pubblico ministero e giudice.

Quanto al profilo funzionale, la restituzione degli atti al pubblico ministero, perché questi proceda con la liquidazione dei compensi del custode dei beni sequestrati, non determina una stasi del procedimento; posto che quest’ultimo era già stato chiuso con il provvedimento di archiviazione.

Il principio di diritto

La questione da risolvere, dunque, rimane la seguente:

Si tratta di decidere se in caso di regressione del procedimento avvenuta dopo la chiusura dello stesso con un provvedimento di archiviazione e contestuale restituzione degli atti al P.M., sia valido il criterio della disponibilità materiale degli atti in capo all’autorità giudiziaria ai fini della determinazione della competenza a decidere sull’istanza, come ritenuto dal giudice fiorentino.

Ebbene, secondo la Cassazione la risposta non può che essere positiva. L’art. 168 del d.P.R. n. 115/2002 dispone, infatti, che la liquidazione delle spettanze degli ausiliari delle autorità giudiziarie spettino al magistrato che procede.

Sul piano giurisprudenziale, la stessa Corte di Cassazione ha, poi, affermato che il riparto delle competenze in materia di liquidazione di compensi al custode, “deve ritenersi attribuita al pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari, al giudice dell’esecuzione dopo la sentenza irrevocabile e al giudice che ha la disponibilità del procedimento nel corso del giudizio di cognizione” (Sez. Un., n. 25161/2002).

Residua tuttavia, l’ipotesi del procedimento conclusosi con l’archiviazione.

Ebbene, vista l’assenza di una specifica previsione giurisprudenziale che faccia rientrare la fattispecie citata nel catalogo appena richiamato, gli Ermellini si sono spinti ad affermare che “la competenza deve intendersi del pubblico ministero in caso di procedimento conclusosi con l’archiviazione (Sez. IV n. 26993/2004) e del giudice per le indagini preliminari nel caso in cui la richiesta di archiviazione da parte del P.M. non sia ancora stata evasa” (Sez. IV ordinanza n. 11195/2005).

Ne deriva allora che il G.I.P. di Firenze non ha errato nel trasmettere gli atti al P.M., avendo operato una corretta ricostruzione della giurisprudenza maggioritaria sul punto.

 

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