Un esperto spiega a chi è affetto da Lupus come godersi il sole, senza che l’esposizione ai raggi UV provochi danni

La vita, per chi è affetto da Lupus (lupus eritematoso sistemico), può essere piuttosto complessa in estate. Questa patologia autoimmune, infatti, è molto condizionata dai fattori ambientali tipici del periodo estivo.
Il Lupus è una malattia autoimmune dall’origine ancora incerta, che colpisce soprattutto le donne e che può interessare numerosi organi e apparati (articolazioni, reni, cuore, polmoni, vasi sanguigni, ecc.). Quando però la zona più colpita è la pelle, l’esposizione ai raggi ultravioletti (UV) del sole o all’abbronzatura artificiale può contribuire a scatenare la malattia non ancora conclamata o a peggiorarne i sintomi.
Il Professor Pier Luigi Meroni, Direttore del Dipartimento di Reumatologia dell’ASST Centro Specialistico Ortopedico Traumatologico Gaetano Pini-CTO spiega come si manifesta la patologia e cosa comporta l’esposizione ai raggi solari:
“Il lupus eritematoso sistemico è il prototipo di malattia autoimmune. È causato da un errore del sistema immunitario, che anziché limitarsi ad aggredire gli agenti patogeni, attacca anche i distretti dell’organismo. I principali bersagli delle risposte autoimmuni sono rappresentati da componenti del nucleo delle cellule e quindi, virtualmente, ogni tessuto del nostro organismo può essere colpito. Il danno genera un’infiammazione cronica che, a lungo andare, distrugge i tessuti. I sintomi principali sono legati al danno cutaneo (arrossamenti, rush) e a carico delle articolazioni (dolori articolari)”
Ne consegue che, riacutizzazione della malattia ed esposizione al sole, sono due eventi strettamente correlati. “I raggi UV – prosegue Meroni – possono determinare un danno alle cellule della cute e una maggiore esposizione degli antigeni contro cui vi è la risposta autoimmune in corso di lupus”.
Qual è quindi la soluzione, in estate, per chi è affetto da lupus? Ecco alcuni accorgimenti da seguire:
1) ridurre l’esposizione ai raggi UV, evitando le ore più calde della giornata;
2)coprirsi con abbigliamento e accessori a protezione delle zone foto-esposte (cappelli, occhiali, camicie a maniche lunghe, pantaloni lunghi);
3) utilizzare sempre filtri solari a schermo totale;
4) seguire le indicazioni terapeutiche del proprio medico.
“Queste regole – prosegue il Prof. Meroni – valgono anche per le forme moderate di malattia e per quelle correlate (definite anche lupus-like o connettiviti)”. Va inoltre ricordato che, accanto alle misure di protezione, per le persone affette da lupus vengono utilizzati sempre di più i farmaci che appartengono alla classe degli anti-malarici, in particolar modo la idrossiclorochina.
“Questa molecola – dichiara il Prof. Meroni – ha infatti un’azione fotoprotettrice che è estremamente utile durante i mesi in cui maggiore è l’esposizione ai raggi UV. Il suo uso tuttavia non è limitato ai mesi estivi in quanto la molecola ha importantissimi effetti sull’attivazione del sistema immune e svolge un’azione protettiva sugli eventi cardiovascolari, per questi motivi è diventata una componente della terapia sempre più utilizzata”.
Ma quanti sono i malati di Lupus in Italia?
Nel nostro paese “l’incidenza è stimata fra 2,4 e 4,6 per 100.000 abitanti – prosegue il Prof. Meroni – ed è significativamente più elevata negli individui di etnia non caucasica (afro-americani, asiatici). È soprattutto una malattia delle donne: la prevalenza è valutata da 28 a 50 ogni 100.000 abitanti, ma con un rapporto femmine/maschi di 9 a 1. La malattia compare prevalentemente tra la seconda e la quarta decade di vita.
Esistono, ad oggi, cure definitive per questa patologia?
A quanto pare no, ma attraverso i farmaci e uno stile di vita attento è possibile raggiungere una soddisfacente qualità di vita.
“La prognosi del Lupus è cambiata drasticamente: negli ultimi 10 anni infatti le diagnosi sono state sempre più precoci, determinando un aumento della sopravvivenza della maggioranza dei pazienti a 10 anni dalla diagnosi. Ciò si deve alle tecniche diagnostiche più sensibili e a un più nutrito arsenale terapeutico: accanto ai tradizionali farmaci immunosoppressori sono oggi disponibili nuovi trattamenti che rappresentano un’evoluzione di alcune vecchie molecole, più efficaci e con ridotti effetti collaterali. Iniziare precocemente il trattamento e modularlo in modo appropriato nelle varie fasi della malattia – conclude il Prof. Meroni – consente di ridurre il danno permanente a livello dei tessuti e di diminuire la frequenza delle riacutizzazioni, a tutto vantaggio della qualità di vita”.
 
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