Si discute dell’utilizzabilità delle sentenze civili non più soggette ad impugnazione, nel processo penale ai sensi dell’art. 238 bis c.p.p.

La vicenda

Il ricorrente contestava la decisione impugnata per aver preso in esame il contenuto di sentenze civili passate in giudicato ed acquisite agli atti e di averle utilizzate ai fini della decisione finale.
Ebbene, l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 238 bis c.p.p. anche con riferimento alle sentenze civili è stata oggetto di acceso dibattito tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza.

La tesi contraria

Secondo un consistente orientamento della giurisprudenza di legittimità, e parte della dottrina, l’utilizzo delle sentenze irrevocabili, acquisite ai fini della prova dei fatti in esse accertati ex art. 238 bis c.p.p. riguarda esclusivamente quelle rese in altro procedimento penale e non anche quelle rese in un processo civile.
A fondamento di questa impostazione, sono state richiamate sia le «evidenti e sostanziali asimmetrie in ordine alla valutazione della prova che caratterizzano i due diversi ordinamenti processuali», sia il dato letterale che fa riferimento alle sentenze «irrevocabili» e, cioè inteso come relativo esclusivamente a quelle penali, anche perché non evoca in alcun modo il giudizio civile, a differenza del precedente art. 238 c.p.p., con il quale fa sistema.
Ciò troverebbe conferma anche nel fatto che significativamente «l’ordinamento disciplina l’efficacia del giudicato penale in altri giudizi, ma non il contrario, e che la revisione della sentenza penale è prevista a seguito di un giudicato civile, ma solo nel caso di condanna pronunciata a seguito di sentenza – riguardante le questioni di cui agli artt. 3 e 479 c.p.p. – che sia stata successivamente revocata», con disposizione rimasta immutata dopo l’introduzione dell’art. 238 bis c.p.p.

La tesi favorevole

Non sono mancate decisioni di senso contrario che hanno ritenuto acquisibili e dunque valutabili, a norma del citato art. 28 bis c.p.p., anche sentenze pronunciate da giudici diversi.
In altre parole secondo questo orientamento, sentenze irrevocabili sono anche quelle pronunciate da un giudice diverso da quello penale.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto dover aderire a quest’ultimo indirizzo e quindi reputare utilizzabili, ai fini della prova del fatto in esse accertato, le decisioni irrevocabili pronunciate in un giudizio civile o amministrativo, fermo restando che le stesse non sono vincolanti per il giudice penale, ma debbono essere valutate a norma degli artt. 187 e 192, comma 3, c.p.p.
In realtà, l’art. 238 bis c.p.p. non implica alcuna limitazione per il libero convincimento del giudice penale. La giurisprudenza anche nel caso di acquisizione di sentenze definitive rese in altri procedimenti penali esclude l’esistenza di qualunque automatismo nel recepimento e nell’utilizzazione a fini decisori dei fatti e dei giudizi contenuti nelle motivazioni di dette sentenze, dovendosi ritenere che il giudice penale conservi integra l’autonomia e la libertà delle operazioni logiche di accertamento e formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate.
Questa conclusione, applicabile a tutte le sentenze acquisite ai sensi dell’art. 238 bis c.p.p. e quindi anche nel caso queste siano emesse da giudici civili o amministrativi, risulta pienamente coerente con la disciplina generale di cui agli artt. 2, 3 e 479 c.p.p.
Secondo il principio generale fissato dall’art 2 c.p.p., al giudice penale spetta il potere di risolvere autonomamente ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito.
L’unica disposizione che attribuisce espressamente efficacia di giudicato nel processo penale a sentenze extra penali è l’art. 3, comma 4 con riferimento alla «sentenza irrevocabile del giudice civile che ha deciso una questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza».
L’art. 479 c.p.p., invece, non contiene una regola analoga, osservando che la decisione emessa in sede civile o amministrativa, pur se passata in giudicato non dovrebbe ritenersi vincolante per il giudice penale, fermo restando, per quest’ultimo, il dovere di motivare le ragioni del suo diverso avviso.

Il principio di diritto

Ciò vuol dire in definitiva che le decisioni irrevocabili pronunciate in un giudizio civile o amministrativo sono utilizzabili dal giudice penale ai fini della proba del fatto in esse accertato, anche se non sono vincolanti per lo stesso, ma debbono essere valutate a norma degli artt. 187 e 192 comma 3, c.p.p.
Per questi motivi, la sentenza impugnata non era incorsa in violazione di legge né perché aveva ritenuto di prendere in esame il contenuto di sentenze civili passate in giudicato ed acquisite agli atti, né perché aveva reputato questo contenuto utilizzabile per la ricostruzione degli accadimenti sottoposti alla sua cognizione solo all’esito di un suo autonomo apprezzamento, né infine, perché era pervenuta a conclusioni solo in parte coincidenti con quelle raggiunte nelle decisioni extra-penali.

La redazione giuridica

 
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