La madre che ostacola il proprio figlio a vedere l’altro genitore e che adotta atteggiamenti manipolativi per impedire qualsiasi rapporto deve essere sanzionata penalmente

Lo ha deciso la Corte di Cassazione che, nel confermare la decisione della Corte d’appello di Napoli, ha affermato che eludere il provvedimento del giudice che dispone gli incontri padre-figlia significa frustrare, rendere vane le legittime aspettative dell’altro genitore, con ricadute deleterie sull’equilibrio psicologico e sulla formazione della personalità del minore.

La vicenda

L’accusa era quella di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. La fattispecie disciplinata dall’art. 388 c.p. dispone che “Chiunque, elude un provvedimento assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ovvero ancora l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito, è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro centotre a euro milletrentadue”.

Tale era il provvedimento del giudice della separazione, che preso atto della elevata conflittualità esistente tra i due coniugi, aveva disposto in via d’urgenza, che i servizi sociali avviassero un percorso di mediazione in vista dell’affido condiviso, incaricandoli di trasmettere una relazione finale e di individuare un percorso di ripresa dei rapporti tra la minore e il padre mediante due incontri settimanali.

La sentenza definitiva decideva per l’affido della minore alla madre, statuendo tuttavia l’espresso diritto di visita del padre con cadenza bisettimanale presso i servizi sociali.

Non curante della pronuncia in questione, la madre della minore aveva deciso di interrompere i rapporti padre-figlia, omettendo di condurre la bambina agli incontri programmati. Cosicché in primo grado il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la condannava alla pena di giustizia per il reato citato di cui all’art. 388, comma 2 c.p.

Nel corso dell’istruttoria ed in particolar modo, dalle dichiarazioni dei servizi sociali, era emerso che la donna era per nulla disponibile a favorire gli incontri tra il padre e la minore ed aveva comunque deciso di interromperli, pur essendole stato più volte ricordato l’obbligo di ottemperare ad un ordine del giudice.

Anche l’assistente sociale, incaricato di effettuare la mediazione familiare, aveva sottolineato l’esasperata conflittualità tra i coniugi e la indisponibilità della ricorrente alla mediazione a fronte, invece, dell’atteggiamento positivo del padre, interessato alla ripresa per tale via del rapporto con la figlia. Infine, avevano rimarcato l’atteggiamento ostruzionistico e manipolativo della madre sulla figlia.

La decisione è stata confermata anche in appello ed infine, dai giudici della Suprema Corte di Cassazione.

Ed invero, ricordano gli Ermellini- che “ciò che rileva ai fini della configurabilità del reato contestato è che il provvedimento indicato impone un obbligo di fare, necessitante della collaborazione della madre della minore al fine di non pregiudicare il diritto del genitore non affidatario, cosicchè non ha alcun rilievo la circostanza che l’ordinanza non disponga espressamente l’affido della minore, dovendosi, piuttosto, verificare l’ottemperanza alle disposizioni del giudice, elusa dai giudici di merito per la condotta ostruzionista della donna”. 

Ebbene, “eludere” significa frustrare, rendere vane le legittime aspettative dell’altro genitore, anche mediante una mera omissione, e che il genitore affidatario è tenuto a favorire, a meno che non sussistano contrarie indicazioni di particolare gravità, gli incontri tra il figlio e l’altro genitore, essendo entrambe le figure centrali per la crescita del minore: ostacolare gli incontri tra padre e figlio, fino a recidere ogni legame tra gli stessi, può avere effetti deleteri sull’equilibrio psicologico e sulla formazione della personalità del minore”.

Per tali ragioni, condivisibilmente, i giudici di merito avevano ritenuto la madre della minore, responsabile del reato a lei ascritto.

Confermata dunque la condanna con esclusione della condizionale.

La redazione giuridica

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