Corte di Cassazione, VI Sez. Pen., n. 17950/2016

Il presupposto della oggettiva convivenza (coabitazione) tra l’indagato/a e la persona offesa non è elemento essenziale, laddove si tratti di integrare il reato di cui all’art. 572 c.p., (maltrattamenti in famiglia), rappresentando, semmai una mera occasione di fatto che agevola le condotte prevaricatrici. Ne deriva che il reato di malatrattamenti a carico del coniuge è ben ravvisabile anche quando gli atti vessatori, confliggenti con un normale regime di vita, siano posti in essere dopo la separazione di fatto e la cessazione della convivenza stricto iure.

È quanto affermato dai giudici della VI Sez. Penale della Cassazione, che così hanno risposto all’atto di impugnazione personale che una donna, indagata per il reato di maltrattamenti in famiglia in danno del proprio coniuge (uomo di 71 anni e non vedente), aveva avanzato contro il provvedimento con cui, il Tribunale di Firenze, in sede di appello cautelare, aveva disposto l’applicazione della misura di cui all’art. 282-bis c.p.p., (allontanamento dalla casa familiare).

La Cassazione ha pertanto ribadito che “Il reato di maltrattamenti in famiglia a carico del coniuge è configurabile anche in caso di separazione e di conseguente cessazione della convivenza, allorché la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della fattispecie (cfr. Sez. VI, n. 33882 del 08/07/2014, C, Rv. 262078). Con l’ulteriore coerente notazione che il presupposto della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare ex art. 282-bis c.p.p. non è la condizione di “attuale”coabitazione dei coniugi, ma l’esistenza di una situazione per cui all’interno della relazione familiare prendono corpo condotte in grado di minacciare l’incolumità fisica e psichica di una persona (cfr. Sez. VI, n. 25607 del 04/02/2008, Bigliardi, Rv. 240773; Sez. VI, n. 17788 del 15/04/2010, B, Rv. 247084)”.

Ciò posto, e visto il quadro indiziario emerso all’esito delle indagini preliminari allora in corso di svolgimento, la Cassazione non ha potuto che condividere la soluzione adottata dal Tribunale toscano circa l’applicazione della misura cautelare sopra citata, quale necessario presidio cautelare di garantita ed immediata efficacia, idoneo a contrastare la radicata ed accertata inclinazione, concreta ed attuale, della donna alla reiterazione delle sue condotte illecite in danno del coniuge (Sez. Un., n. 16085 del 31/03/2011, Khalil, Rv. 249324).

Avv. Sabrina Caporale

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