Lo prevede la normativa; il Giudice, se ricorrono tali elementi, è costretto a dichiarare la risoluzione del contratto 

Il Tribunale di Genova, con una sentenza dello scorso febbraio si è pronunciato sulla domanda di risoluzione del contratto di locazione di un immobile ad uso abitativo, presentata dalla locatrice a causa del mancato pagamento del canone da parte dell’affittuario.
Il Giudice ha osservato che, in tema di locazione di immobili ad uso abitativo, l’art. 5 della legge n. 392 del 1978 stabilisce che “il mancato pagamento del canone della locazione, decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1455 cod. civ.”. E’ la normativa stessa, dunque, a fissare un criterio di gravità dell’inadempimento, “che come tale non consente al giudice del merito di svolgere altri accertamenti su questo presupposto dell’inadempimento”.
Secondo il Tribunale, quindi, la valutazione dell’importanza dell’inadempimento del locatario in relazione all’interesse del locatore, non è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice, ma è predeterminata legalmente e ancorata a due elementi, ovvero il mancato pagamento di una sola rata del canone (o l’omesso pagamento degli oneri accessori per un importo superiore a due mensilità del canone) e il ritardo consentito o tollerato. Se il locatario non paga anche una sola rata del canone di affitto, nel termine di 20 giorni dalla scadenza, il giudice deve inevitabilmente dichiarare la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore.
Nel caso in questione poiché tali elementi risultavano pacificamente integrati, il Giudice ha ritenuto, pertanto, di accogliere la richiesta della proprietaria dell’immobile, condannando l’inquilino al rilascio dell’immobile entro 60 giorni dalla pronuncia della sentenza, oltre che al pagamento delle spese processuali.

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