La Corte di Cassazione fornisce chiarimenti sulla possibilità del mantenimento maggiorato nel caso in cui il figlio sia iscritto all’università
La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell’ordinanza n. 21726/2018 ha fornito precisazioni importanti in merito al mantenimento maggiorato nei confronti del figlio che frequenti l’università.
Per gli Ermellini, infatti, è corretto l’aumento dell’esborso a favore del figlio a causa delle maggiori spese per tasse, libri e spostamenti.
A proposito dell’assegno di mantenimento maggiorato, per i giudici, si rende necessario un intervento giudiziale. E questo a prescindere dall’accordo non raggiunto tra i genitori in relazione alle spese mediche non riferibili al SSN, mancando i requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito.
La vicenda
Nel caso di specie, i giudici hanno respinto il ricorso di un padre che aveva chiesto ridursi il proprio contributo per il mantenimento della prole.
Il giudice, invece, aveva deciso di aumentare di 200 euro l’esborso a carico del padre nei confronti della figlia e aveva confermato anche la condanna dell’uomo al pagamento, a titolo di rimborso, di una somma di oltre 3mila euro pari al 50% delle spese documentate.
Per gli Ermellini è corretto il mantenimento maggiorato se uno dei figli si dedica a studi superiori, in quanto l’esborso è maggiore.
In particolare, l’aumento dell’esborso è avvenuto in considerazione “dell’incremento di spesa costituito dagli studi universitari intrapresi dalla figlia presso l’Università, per tasse scolastiche, libri, spese di viaggio”.
Ma non è tutto.
In Cassazione l’uomo deduce che la ex moglie non aveva interesse a proporre la domanda concernente il pagamento delle spese mediche non rimborsate.
Questo in quanto, in relazione a tale aspetto, esisteva già titolo esecutivo costituito dalla sentenza del Tribunale di Vercelli.
Questa poneva a carico del padre “le spese mediche non corrisposte dal SSN che si rendessero necessarie per i figli, da concordare previamente con la madre, salvo urgenze”.
Ma questa doglianza è stata ritenuta infondata dalla Cassazione.
Secondo i giudici, la necessità, prevista dalla richiamata sentenza del Tribunale, di un accordo tra i genitori circa le spese mediche non riferibili al servizio di assistenza sanitaria implica alcuni aspetti importanti.
Vae a dire l’assenza, in detta previsione, dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito. E, quindi, la necessità di un intervento giudiziale che, a prescindere dall’accordo non raggiunto, verifichi la sussistenza o meno dell’obbligazione.
Ancora, l’ordinanza afferma che nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, il giudice è tenuto a verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore.
Ed è tenuto a farlo mediante la valutazione della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità e della sostenibilità della spesa stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori (cfr. Cass. n. 16175/2015 e n. 4753/2017).
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