È quanto di recente affermato dal Tribunale ecclesiastico regionale di Bari, sul ricorso di uomo affetto da gravi problemi di natura psichica che, per tali ragioni, aveva chiesto la nullità del proprio matrimonio poiché contratto in totale assenza di discrezione di giudizio circa i diritti e doveri essenziali nascenti dallo stesso.
A tale statuizione si era già opposta la moglie, la quale sosteneva di aver legittimamente confidato nella validità del loro vincolo coniugale, non essendo mai venuta a conoscenza del deficit psichico dell’ex marito, ma soltanto di quello motorio. Tale decisione sarebbe stata pertanto contraria all’ordine pubblico e al principio di salvaguardia della validità del vincolo coniugale fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità, poiché non avrebbe minimamente tenuto in considerazione dell’affidamento legittimo e incolpevole della stessa sulla salute psichica del proprio marito. E, pertanto, ne chiedeva tutela.
In vero, anche la Corte d’Appello di Lecce si era pronunciata sulla vicenda, affermando che “il vizio del consenso riscontrato [non poteva dirsi] incompatibile con l’ordine pubblico interno; che il giudice della delibazione deve tenere conto della specificità dell’ordinamento canonico; che, in particolare, il dedotto vizio nella disciplina del codice civile non contempla come elemento essenziale la riconoscibilità; che non vi è un principio generale di ordine pubblico a tutela dell’affidamento, valendo il canone di buona fede solo per le apposizioni unilaterali di condizioni (riserve mentali) vizianti il consenso”.
Parimenti, i giudici della Suprema Corte di Cassazione – dinanzi ai quali nel frattempo era giunta la controversia – rigettavano il ricorso affermando quanto segue: “in tema di delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità di un matrimonio concordatario per difetto di consenso, le situazioni di vizio psichico assunte dal giudice ecclesiastico come comportanti inettitudine del soggetto, al momento della manifestazione del consenso, a contrarre il matrimonio non si discostano sostanzialmente dall’ipotesi d’invalidità contemplata dall’art. 120 cod. civ., cosicché è da escludere che il riconoscimento dell’efficacia di una tale sentenza trovi ostacolo in principi fondamentali dell’ordinamento italiano. In particolare, tale contrasto non è ravvisabile sotto il profilo del difetto di tutela dell’affidamento della controparte, poiché, mentre in tema di contratti la disciplina generale dell’incapacità naturale da rilievo alla buona o malafede dell’altra parte, tale aspetto è ignorato nella disciplina dell’incapacità naturale, quale causa d’invalidità del matrimonio, essendo in tal caso preminente l’esigenza di rimuovere il vincolo coniugale inficiato da vizio psichico” (Cass. 6611 del 2015; cfr. anche 19691 del 2014; 1262 del 2011).

Avv. Sabrina Caporale

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