Presentata dal Tribunale del malato l'”Indagine civica sull’esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie, con focus su farmaci biologici e biosimilari”

Quasi un medico su tre ritiene di non aver tempo sufficiente da dedicare ai pazienti per assicurare l’aderenza alle terapie, solo la metà si accerta che il proprio assistito abbia compreso le indicazioni su terapie e percorso di cura e delle sue eventuali difficoltà economiche, più di uno su tre si dice oberato dal carico burocratico. Per un terzo invece non è prioritario informare su alternative terapeutiche o sull’esistenza di farmaci equivalenti o biosimilari. Sono questi alcuni dei principali dati che emergono dalla “Indagine civica sull’esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie, con focus su farmaci biologici e biosimilari“, presentata oggi a Roma e realizzata da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato con il sostegno non condizionato di Assobiotec.
L’indagine ha il doppio obiettivo di rilevare l’esperienza dei professionisti rispetto al tempo  e alla relazione di cura con il paziente e approfondire gli ambiti relativi alla prescrizione e all’uso dei farmaci. Ciò sia al fine di comprendere l’impatto delle disposizioni vigenti ai livelli nazionale e regionale sull’esercizio della pratica clinica, soprattutto in relazione al codice deontologico, sia per analizzare gli strumenti a disposizione e le eventuali criticità incontrate, così da favorire l’aderenza alle terapie e una migliore relazione medico-paziente.
Fra i prescrittori di farmaci biologici e biosimilari, chi decide di cambiare la terapia al paziente lo fa, in un terzo dei casi, in libertà e autonomia e per rispondere meglio alle esigenze di cura e di successo delle terapie per il paziente; ma quasi uno su cinque (19%) dichiara di aver cambiato la terapia per rispondere ad esigenze di carattere amministrativo, principalmente per contribuire alla sostenibilità economica del SSN (39%), per rispettare limiti o obiettivi di budget fissati dalla Azienda ospedaliera o Asl (35%), ma solo l’8% dei professionisti è al corrente dell’esistenza di delibere della Regione o Asl che prevedono come saranno riutilizzati i risparmi derivati dalla prescrizione di farmaci a minor costo.
“La tutela della salute delle persone, l’accesso alle cure più appropriate rispetto alle esigenze cliniche, alle condizioni socio-economiche e al progetto di vita del paziente non devono essere sacrificate per arrivare al pareggio di Bilancio: lo dice anche una recente sentenza della Corte Costituzionale. E invece l’indagine mostra che purtroppo in alcune occasioni ciò non accade”, ha detto Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici, Cittadinanzattiva.
Per Aceti è necessario armonizzare ogni atto amministrativo o normativo nazionale, regionale e aziendale con il rispetto del codice deontologico, e quello dei diritti dei cittadini così come sancito dalla Carta Europea dei diritti del malato. “Siamo ancora in tempo per invertire la rotta – ha aggiunto – perché lo chiedono sia i medici che i pazienti e possiamo farlo subito. Ad esempio prevedendo nella messa a punto degli standard del personale, in via di definizione, la garanzia che il tempo dell’ascolto e della comunicazione siano veri e propri tempi per la cura della persona. E ancora investire di più nella formazione indipendente e di qualità da parte delle Istituzioni pubbliche. Inoltre, visto che siamo in attesa della pubblicazione del nuovo position paper di AIFA sui farmaci biologici e biosimilari, ci aspettiamo che preveda adeguata informazione e condivisione delle scelte con il paziente e gli riconosca un ruolo attivo nel percorso di cura; assicuri trasparenza e accesso a dati ed evidenze cliniche; garantisca continuità terapeutica e attenzione alla qualità della vita”.

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