Quali sono gli obblighi del medico del lavoro? Ecco il commento alla sentenza n° 1856/2013 e un’analisi del D.Lgs. n° 58/2008

Il Decreto Legislativo n° 58/2008, rubricato Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, disciplina, tra l’altro, gli obblighi del medico del lavoro in servizio presso un’azienda, ai fini appunto della tutela del diritto alla salute e di quello della sicurezza sul lavoro.

In particolare, l’art. 25 del citato decreto detta testualmente: Il medico competente:

  1. a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di «promozione della salute», secondo i principi della responsabilità sociale;
  2. b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;
  3. c) istituisce, anche tramite l’accesso alle cartelle sanitarie e di rischio, di cui alla lettera f), aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria. Nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori il medico competente concorda con il datore di lavoro il luogo di custodia;
    (modificata dall’articolo 15, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 106/09 – ndr)
  4. d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell’incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, e con salvaguardia del segreto professionale;
  5. e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, la documentazione sanitaria in suo possesso e gli fornisce le informazioni riguardo la necessità di conservazione;
    (modificata dall’articolo 15, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 106/09 – ndr)
  6. f) invia all’ISPESL, esclusivamente per via telematica, le cartelle sanitarie e di rischio nei casi previsti dal presente decreto legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Il lavoratore interessato può chiedere copia delle predette cartelle all’ISPESL anche attraverso il proprio medico di medicina generale;
    (soppressa dall’articolo 15, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 106/09 – ndr)
  7. g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attività che comporta l’esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
  8. h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
  9. i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all’articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori;
  10. l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la indicazione di una periodicità diversa dall’annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;
  11. m) partecipa alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;
  12. n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti di cui all’articolo 38 al Ministero della salute entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.”.

Orbene, riportata integralmente la citata norma, ci soffermeremo ora in merito a quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n° 1856/2013.

In particolare, gli Ermellini hanno affrontato il tema delle spettanze del c.d. “medico competente”.

In particolare, il “medico competente” è la figura professionale sulla quale grava da un lato l’obbligo di valutazione sulle condizioni di salute del lavoratore, dall’altro l’obbligo di collaborare con il datore di lavoro, mediante visite periodiche ed eventuali rimedi di patologie, al fine di garantire la piena tutela sia del diritto alla salute, sia del diritto al lavoro, entrambi garantiti appunto dalla Carta delle Leggi.

Ancora, nella sentenza in esame, il Collegio di Legittimità, richiamando il pacifico orientamento Giurisprudenziale uniformatosi al riguardo, acclarava che la ratio della norma in esame è quella di garantire che il datore di lavoro tuteli l’integrità psico-fisica dei suoi dipendenti, mediante la collaborazione del medico lavoro, soggetto dotato delle competenze specifiche per la salute dei lavoratori.

In conclusione, hanno affermato gli Ermellini che il datore di lavoro deve necessariamente essere affiancato da figure professionali quali appunto quella del medico aziendale, dotato di specifiche competenze, il quale svolgendo una valutazione dei rischi, assicura il rispetto del diritto alla salute.

In ragione di queste considerazioni, nella sentenza oggetto della mia breve disamina, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto nell’interesse di un medico aziendale, imputato del reato contravvenzionale previsto e punito dall’art. 25 co. 1 D.Lgs. n° 81/2008, condividendo, di tal guisa, la sentenza emessa dal Tribunale, che aveva in precedenza condannato il ricorrente, atteso che dal quadro probatorio emergeva – oltre ogni ragionevole dubbio – che il medico del lavoro aziendale non collaborava con il datore di lavoro e non svolgeva di tal guisa un servizio di prevenzione e valutazione dei rischi.

Ciò, ai fini della programmazione della sorveglianza sanitaria, dell’attività di formazione ed informazione dei lavoratori per il primo soccorso, tenendo appunto conto dei rischi ai quali il lavoratore risulta esposto.

 

Avv. Aldo Antonio Montella

(Foro di Napoli)

 

 

Hai avuto un problema simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o scrivi un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623

 

 

 

Leggi anche:

DIGITALIZZAZIONE DELLE VISITE FISCALI: LA NOVITÀ DAL PROSSIMO APRILE

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui