Grave episodio a Cantù, dove una paziente si è rifiutata di farsi visitare da un medico di colore: ‘Non mi faccio toccare da un negro’ 

Un grave episodio di razzismo e discriminazione ha visto come vittima un medico di colore, , Andi Nganso, professionista trentenne originario del Camerun.

Nganso è in Italia da 12 anni e lavora come medico proprio a Cantù.

Non mi faccio toccare da un negro”. Questa sarebbe stata la esclamazione della donna alla vista del medico, una volta recatosi nell’ambulatorio di guardia medica.

Ad accoglierla, infatti, era stato proprio Andi Nganso.

Alla reazione della donna, è arrivato il commento pacato e ironica del medico di colore su Facebook.

“Io ti ringrazio. Ho 15 minuti per bere un caffè”. L’episodio sarebbe accaduto lo scorso 21 gennaio.

“Sono medico da due anni – ha dichiarato Andi Nganso – e capita di rendermi conto che i pazienti sono sorpresi e magari un po’ incerti davanti a un medico nero, ma una reazione tanto violenta non mi era mai capitata prima”-

Il dottore si è laureato all’università dell’Insubria., e prosegue così il suo racconto.

“In diversi casi mi sono trovato davanti persone che non sono riuscite a nascondere la sorpresa e magari anche il loro disappunto. Una volta un bimba mi ha fatto notare con stupore che ero gentile mentre i suoi genitori le dicevano di non parlare con gli uomini neri. In altri casi, con una scusa qualcuno ha lasciato l’ambulatorio. Non me la prendo. Questa volta però – ha ammesso all’Ansa – la reazione della paziente mi ha spiazzato”.

Non si è fatta attendere, inoltre, la reazione del neo presidente Fnomceo Filippo Anelli in relazione alla vicenda di razzismo che ha visto coinvolto il giovane medico di colore a Cantù.

“Esprimiamo solidarietà al collega Andi Nganso – ha affermato Anelli – Il nostro Codice deontologico afferma a chiare lettere che il medico ha il dovere di tutelare la vita, la salute psicofisica, di trattare il dolore e alleviare la sofferenza senza discriminazione alcuna”.

“Lo stesso – ha concluso – ci aspettiamo dai pazienti, per un’alleanza terapeutica che sia veramente reciproca e paritaria, fondata sulla condivisione delle rispettive autonomie e responsabilità”.

 

 

 

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