Deve essere allontanata dal figlio la madre che tiene un comportamento ostruzionistico e lo mette contro la figura paterna.

Il Tribunale di Castrovillari, con la sentenza numero 728/2018, ha fornito chiarimenti circa il comportamento della madre separata che cerca di mettere i figli contro il padre e sulla conseguenze di tale azione sull’affidamento.

Secondo i giudici, infatti, dopo la separazione, ognuno dei genitori deve adoperarsi affinché i figli minori mantengano un rapporto sereno ed equilibrato con l’altro.

Laddove questo non avvenga, si rischia di perdere l’affidamento dei figli.

La vicenda

Nel caso di specie, il Tribunale di Castrovillari ha deciso l’affidamento esclusivo del figlio al padre a causa della condotta ostruzionistica della madre verso il recupero della figura paterna.

Come ricordato dai giudici, infatti, mettere i figli contro il padre può mettere a rischio l’affidamento esclusivo degli stessi. In questo caso, la donna aveva ostacolato in tutti i modi i rapporti del bambino con il papà, assecondando il rifiuto della figura paterna.

Oltre a ciò aveva rafforzato in lui l’idea del “padre cattivo”.

Nel corso del giudizio erano poi emersi due aspetti che hanno pesato nella decisione dei giudici.

Da un lato, l’attaccamento morboso della madre nei confronti del figlio e il rapporto simbiotico tra i due.

Dall’altra, la manifesta incapacità della donna di assumere posizioni di contrasto rispetto al minore. Oltre alla sua assoluta inconsapevolezza della necessità della presenza del padre per la serenità e l’equilibrio del figlio.

In aggiunta a ciò, il minore riteneva di essere stato abusato sessualmente dal padre. Nonostante l’archiviazione del relativo procedimento penale, continuava a rifiutare sia il genitore che i familiari della linea paterna.

Questo ha causato una conseguente impossibilità di collocamento dello stesso presso di loro.

Di fronte alla necessità di interrompere ogni rapporto della madre con il figlio per almeno sei mesi, è stato disposto il collocamento del bimbo presso una struttura protetta.

Il tutto “al fine di consentire un autonomo riassetto psicologico del minore in un contesto neutrale, scevro da condizionamenti di sorta”.

L’inversione di collocamento, secondo i giudici, non era possibile senza un’opportuna fase di transizione.

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