La donna si era sottoposta a un intervento al cuore per un difetto interatriale nel febbraio del 2017.

Un medico degli Spedali Civili di Brescia, inizialmente coinvolto nella vicenda di una paziente morta dopo un intervento al cuore, è stato assolto.

Il gup del tribunale di Brescia ha infatti pronunciato una sentenza di non luogo a procedere nei confronti di C.M., ex direttore della Cardiochirurgia universitaria degli Spedali civili di Brescia.

Il cardiochirurgo era stato accusato di omicidio volontario, durante la fase delle indagini. Poi l’accusa in sede processuale era diventata di omicidio colposo in sede processuale. Sotto i ferri era morta dopo un intervento al cuore A.M, una donna di Legnago di 57 anni, operata per un difetto del setto interatriale nel febbraio 2017.

A scagionare il medico – come riporta L’Arena – è stata una perizia.

Questa ha dimostrato che nessun intervento avrebbe potuto salvare la donna e che non c’erano colpe da parte del cardiochirurgo. Il medico era stato anche accusato di falso in atto pubblico avrebbe potuto salvare la donna e che quindi il medico non ha avuto responsabilità. Nell’ambito dello stesso processo Claudio Muneretto è stato prosciolto anche per falso in atto pubblico per aver falsificato la cartella clinica in merito alla sua presenza in sala operatoria durante tutto l’intervento chirurgico. Anche per questa accusa, però, è stato prosciolto.

La vicenda

Tutto è avvenuto nel 2017, quando la paziente di 57 anni si è resa conto di avere un difetto del setto interatriale. Una patologia non grave, ma che avrebbe potuto diventarlo. Da lì la decisione di operarsi.

Purtroppo però, l’intervento aveva presentato delle complicazioni fino a far precipitare le condizioni della donna. La paziente è stata poi sostenuta nelle funzioni vitali dall’Ecmo, l’apparecchiatura per la circolazione extracorporea indispensabile in caso di una grave insufficienza cardiaca o respiratoria.

Il medico aveva deciso di staccare la paziente dal macchinario e tarsferirla al Centro Trapianti di Padova. Secondo la procura di Brescia però, questo ha comportato poi il decesso della donna.

Una decisione che, per il pm, fu presa solo per non correre il rischio di fare morire la donna presso il proprio reparto, con conseguente perdita di credibilità.

L’accusa di falsificazione della cartella clinica, invece, riguarda un’annotazione in cui il cardiochirurgo dichiarava di essere stato presente in sala operatoria dalle 13,46 alle 15,30 “mentre, invece, si trovava prima nel suo ufficio in ospedale e poi presso il dipartimento di Scienze Cliniche dell’Università”.

Adesso, però, il cardiochirurgo è stato scagionato da tutte le accuse.

 

 

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