Caso del morto dopo il trapianto di cuore: per i medici l’organo era in ottimo stato, secondo i periti del tribunale, invece, non era idoneo al trapianto.

Un uomo è morto dopo il trapianto di cuore avvenuto al San Raffaele di Milano. Era ricoverato all’ospedale San Camillo di Roma. Dopo aver disposto l’autopsia, la procura ha ricevuto le conclusioni della perizia. E, sulle condizioni del cuore, si scatena il conflitto con i medici che hanno seguito il paziente.
Secondo quanto trapelato su alcuni quotidiani, il cuore dell’uomo non sarebbe stato in buone condizioni.  Si arriva ad ipotizzare che, il cuore, appartenesse ad un uomo morto d’infarto, in piscina. Ma a rispondere a queste “voci di corridoio”, a suo parere distorte, è il direttore dell’unita’ di cardiochirurgia del San Camillo, Francesco Musumeci.
Musumeci spiega che il donatore, un uomo di 46 anni, deceduto in piscina, aveva riportato un danno cerebrale. E ribadisce che, al S.Raffaele, sono stati effettuati con attenzione tutti gli esami necessari a valutare lo stato del cuore, con una coronografia ed un esame ecocardiografico, che hanno dato esito normale.
Di fatto, l’uomo morto in piscina, aveva riportato gravi danni cerebrali, ma non cardiaci. Inoltre, l’uomo non faceva uso di terapie per problemi al cuore. Quindi, secondo i controlli effettuati al San Raffaele di Milano, il cuore era sano, perfettamente adatto al trapianto.

Come avvengono i trapianti in Italia

Ad esprimersi sul caso dell’uomo morto dopo il trapianto di cuore è anche il direttore del Centro Nazionale trapianti (Cnt), Alessandro Nanni Costa. Anche lui ribadisce che lo stato del cuore era ottimo, così come riportato dai parametri registrati.
Il cuore ”era in condizioni perfette, sano e con tutti i parametri per poter essere essere impiantato”, ha detto anche il direttore dell’unità di cardiochirurgia del San Camillo, Francesco Musumeci e ribadisce che quanto scritto su alcuni quotidiani è ”totalmente falso”.
Se è vero che il donatore era morto a causa di un arresto cardiaco, Nanni Costa spiega che il trapianto di cuore da un donatore colpito da arresto cardiaco rientra tra le normali procedure. E che bisogna attendere 24 ore in quanto prima non è possibile effettuare una diagnosi di morte celebrare. Trascorse le 24 ore e dopo le opportune verifiche, il trapianto da soggetti con arresto cardiaco non è escluso.

La perizia della Procura

Secondo quanto emerso dalla consulenza medico legale disposta dalla procura di Roma il cuore  non era idoneo il cuore trapiantato. L’accertamento tecnico è stato inviato ai pm di piazzale Clodio, e, per competenza territoriale, ai colleghi di Milano. La procura ha aperto un’indagine per “omicidio colposo” a Milano, perché l’ipotetico errore medico si sarebbe consumato al S. Raffaele.
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