Tutti i medici coinvolti, ad eccezione del primario scagionato, dovranno risarcire la famiglia del bimbo morto per occlusione intestinale nel 2007

Una lunga vicenda giudiziaria, quella del bimbo morto per occlusione intestinale nel 2007, al Policlinico di Messina, è arrivata a una conclusione. E con una sentenza molto importante, in quanto ridimensiona notevolmente le responsabilità del primario rispetto a quelle dei suoi subordinati. Facendo, in tal modo, da apripista a questo nuovo orientamento giurisprudenziale.

Del decesso del bambino di sei mesi morto per occlusione intestinale dovranno rispondere dunque tutti i medici tranne il primario.

Così ha deciso la Corte Cassazione che ha ridimensionato la responsabilità dei primari per quanto avviene nei reparti da loro diretti.

Il piccolo è deceduto per un banale occlusione intestinale, diagnosticata purtroppo con un ritardo che gli è stato fatale. A questo, seguirono poi due interventi male eseguiti.

Ora, dopo più di dieci anni, le accuse di omicidio colposo si sono prescritte, ma la Cassazione ha accolto il ricorso dei genitori del bambino.

Pertanto, ad eccezione del primario, ha chiamato tutti i medici che hanno visitato ed operato il piccolo, ed il Policlinico, a rispondere di risarcimento danni davanti al giudice civile.

Fra loro vi sono due chirurghi già assolti in appello, con una motivazione che per i giudici è “particolarmente carente”. I medici in questione per due volte operarono il bambino.

Ai due sanitari è stato contestato dalla Procura di Messina anche di aver alterato le cartelle cliniche.

Quanto al primario di Pediatria del Policlinco ora scagionato, F.D.L., la Cassazione ritiene sia da escludere che i dirigenti medici siano responsabili di tutto quello che avviene nelle strutture sotto la loro supervisione.

Una sentenza per questo estremamente importante, anche da un punto di vista giuridico.

Scrivono infatti i magistrati che i primari devono poter fare affidamento sui medici a loro subordinati senza doverli controllare continuamente.

Non solo. Essi devono anche avere il tempo per svolgere il loro lavoro e dunque non possono costantemente vigilare sull’operato dei loro subordinati.

Pertanto, per la Cassazione, “deve ritenersi che quando il medico apicale abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo e, ciononostante, si verifichi un evento infausto causato da un medico della propria struttura, di detto evento debba rispondere eventualmente unicamente il medico o i medici subordinati”.

Oltre a questo, gli Ermellini affermano che “ravvisare infatti una responsabilità penale del medico in posizione apicale anche in questi casi significa accettare una ipotesi di responsabilità per posizione”.

E ciò “in quanto non si può pretendere che il vertice di un reparto possa controllare costantemente tutte le attività che ivi vengono svolte, anche per la ragione, del tutto ovvia, che anch’egli svolge attività tecnico-professionale”:

Nel caso del bimbo morto per occlusione intestinale nel 2007, pertanto, per i giudici emerge che il primario “non ebbe modo di visitare direttamente il piccolo paziente, che nulla a riguardo gli fu segnalato dai medici della struttura”.

 

 

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