Raggiunto un accordo con la struttura ospedaliera; nelle prossime ore la decisione del gip sul rinvio a giudizio di ginecologo e ostetrica per omicidio colposo

Si chiude con un accordo tra le parti la vicenda legata alla morte di un neonato deceduto a giugno 2014 al Policlinico Sant’Orsola di Bologna pochi giorni dopo essere venuto al mondo. L’Azienda ospedaliera avrebbe offerto alla famiglia, in particolare a beneficio del fratellino della vittima, una cifra che, anche se non confermata in virtù della riservatezza prevista dall’accordo stesso, si aggirerebbe intorno al milione di euro. Un quarto di tale somma, il massimo rimborsabile, sarebbe corrisposta direttamente dall’Ospedale. La restante parte, invece, sarà liquidata dalla Regione.

L’intesa è stata raggiunta proprio alla vigilia dell’ udienza del procedimento che vede indagati, per il reato di omicidio colposo, l’ex ginecologo del Policlinico e l’ostetrica che portarono a termine il parto del bimbo, in regime di extra moenia. I due, nei cui confronti il Pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio, sono accusati di aver utilizzato per quattro volte la ventosa, quando le linee guida ministeriali stabiliscono un massimo di due tentativi, determinando le lesioni al cranio del piccolo e il conseguente decesso. Dalle indagini sarebbe inoltre emerso che il ginecologo avrebbe anticipato e indotto il parto una settimana prima del tempo, in un orario in cui avrebbe dovuto essere a riposo e violando i protocolli interni.

Un secondo filone dell’inchiesta vede poi indagati l’ex Direttore generale dell’Ospedale e due medici legali, accusati di omessa denuncia per non aver segnalato il tragico evento all’autorità giudiziaria. Nei loro confronti il Pm aveva avanzato la richiesta di archiviazione in quanto non sarebbero stati in possesso degli elementi per ritenere che la morte fosse sospetta e che non si trattasse di un incidente ostetrico.

A tale decisione si erano opposti i familiari della vittima che ora, tuttavia, con l’accordo raggiunto con l’Ospedale escono da entrambi i procedimenti come parti civili, rinunciando a tutte le azioni giudiziarie nei confronti dei medici indagati. Resta invece da capire se, in caso di rinvio a giudizio del ginecologo e dell’ostetrica si costituiranno in giudizio Ospedale e Regione al fine di rivalersi sui due sanitari in caso di condanna per colpa grave.

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1 commento

  1. La riduzione dei cesarei stà portando all’uso di ventose non in ortoprassi, abuso di ossitocina in secondo stadio, abuso di induzioni, episiotomie ampie e kristeller (regresso ostetrico secondo la commissione sanità del 2010). Questo comporta danni inemendabili al pavimento pelvico con conseguente incontinenza anale e urinaria, dpts, vita sociale, familiare e sessuale distrutte. Se ha rimetterci sono i feti i periti dei tribunali sono di solito favorevole al riconoscimento del danno ma se a rimetterci è la madre si cerca in tutti i modi di negare il danno (almeno questa è la mia esperienza). Alla faccia del benessere materno fetale. I diritti della donna non sono tenuti di conto. Vi racconto la mia storia per essere chiara:
    Eventi in breve: travaglio con bambino fermo a -2/-1 con decelerazioni da ore, comparsa di una bradicardia e, durante i 20 minuti di bradicardia, sempre con feto fermo a -2/-1 per doppio giro di cordoni (al collo e a bandoliera) e testa deflessa, somministrazione di ossitocina (il ctg riporta contrazioni valide durante la bradicardia e in tutta la registrazione), posizionamento di ventosa (controindicata per la stazione del feto e ctg) con ampia episiotomia + kristeller (ciò è quello che risulta nel partogramma e nella laconica documentazione clinica). Risultato: pavimento pelvico distrutto, lacerazioni e rottura dei muscoli, sfinteri interno ed esterno danneggiati, incontinenza anale e urinaria a vita non emendabile da nessun intervento; perdita di oltre un litro di sangue; severo disturbo post traumatico da stress in terapia a distanza di anni e ancora presente etc… Al ritiro della cartella, nascosti i 20 minuti di bradicardia (i numeri non erano consecutivi, ma il tracciato ictu oculi sì) e altri fogli della cartella ricomparsi (dopo lettera di avvocato e segnalazione) con scusa banale della struttura.
    Il CTU, in atp della causa intrapresa, per i gravi danni subiti a causa di un parto incongruo (in una struttura di III livello di assistenza) da me primipara nelle considerazioni medico legali, inizia con questo incipit: “..questo caso si riferisce a problematiche perineali, caratterizzate da incontinenza … che ha permesso la nascita del piccolo … senza alcun danno ipossico …”. Incipit dove si evince la totale indifferenza e disinteresse per la salute della donna partoriente, in un periodo storico ed in un paese ad alta assistenza sanitaria, in cui sempre di più si sta affermando (nella letteratura medica, nelle linee guida NICE etc … e non solo) l’importanza del benessere della diade madre feto per uno sviluppo psico-fisico normale del bambino e dell’intera famiglia nonché per la promozione della natalità.
    Il CTU, nella sua valutazione, che dovrebbe basarsi sulla documentazione, sulle linee guida, sulla best practice e non su “opinioni e ricostruzioni” come se fosse presente in sala parto, sottovaluta e non considera sia i danni strumentalmente riportati sia quello che c’è descritto in cartella; non rende il giusto valore a dati come il valore di pH di 7.06 e un difetto di base oltre -13 dell’ EGA cordonale, fraintende quello che la paziente riferisce, sbaglia a rilevare la sede (scusata poi come un errore materiale) e la dimensione di un danno nonostante la presentazione di una rilevazione strumentale e di una visita specialistica, non considera la documentazione clinica nella sua completezza durante l’analisi e la discussione, arbitrariamente afferma che il partogramma è impreciso e pertanto esegue una ricostruzione che confermi la sua tesi ponendo lui orari mancanti di manovre e visite. Utilizza, in maniera confondente, la salute di una sola componente (il feto, peraltro nato con degli outcome – indice apgar, ipotermia, pH [7.06], difetto di basi [-13.6] – ai limiti di una paralisi cerebrale), come indicatore di correttezza dell’applicazione della ventosa + kristeller + episotomia + ossitocina, senza che ciò sia sostenuto da alcuna letteratura scientifica, linea guida e best practice medica non considerando che il gold standard di un parto è il benessere del binomio madre-feto, il tutto per scusare quel tipo di parto medievale e causa di danni irreparabili alla vita di una donna scelto per errore e sottovalutazione delle indicazioni cliniche invece di eseguire un cesareo, che in quelle condizioni, era come da linee guida e best practice, il parto indicato per le sopraggiunte anomalie del travaglio sia meccaniche che cardiotocografiche. Si spinge inoltre, per trovare una giustificazione, a dire che la gravidanza e il parto vaginale sono una “condizione parafisiologica” (cioè che derogano dalla fisiologia) e, mancando il consenso ad ogni atto medico che è stato imposto, parla in modo generale di un ‘urgenza/emergenza di cui non vi è traccia sulla documentazione clinica (che invece dimostra un parto i cui problemi erano già difatti visibili molto tempo prima e colpevolmente trascurati). Vi sarebbe molto altro da dire su questa, ma come chicca finale, riporto la conclusione dove si sostiene che, essendo la paziente un medico, quindi gioco forza edotta dei rischi, (a questo punto, mi verrebbe da dire, di tutte le specialistiche medico-chirurgiche!!!) il consenso ha un’ importanza relativa, per arrivare in un secondo tempo a dire che al limite è stato richiesto orale (non vi è alcuna documentazione in cartella che attesti l’avvenuto flusso informativo anche verbale, come il codice deontologico impone e la normativa regionale e nazionale richiedono).
    A scanso di equivoci, il ctu (del mio caso) è uno specialista in medicina legale insieme ad un ausiliario specialista della materia nonché direttore di struttura …. è questo che lascia sconcertati. Ulteriore sconcerto è cio ha scritto un altro ctu, nonché specialista di medicina legale ed esperto di risk management, insieme al suo ausiliario specialista della materia responsabile di struttura in pensione, i quali hanno invertito i valori del pH e difetto di basi tra l’arteria e la vena ombelicale per dimostrare la loro tesi, nonché hanno ridefinito l’anatomia del bacino della donna arrivando a dire che attualmente ci voglio 10 minuti per creare il vuoto con la ventosa.. forse quella di malmstrom del 1954! … oltre ad altre …definiamo “imprecisioni scientifiche”… ………giudicate voi, questi sono i risultati della riduzione del cesareo…….. un collega che oltre aver subito un danno inemendabile che le ha distrutto la vita sociale e lavorativa deve anche leggere simili affermazioni e abnormità che si commentano da sole ..
    Siamo nelle regioni di eccellenza…. di cosa?!

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