La Cassazione ha precisato che in appello non sono ammissibili nuove prove, neanche se indispensabili, a meno che non sussistano alcune condizioni

La Corte di Cassazione ha affermato e ribadito il principio di inammissibilità di nuove prove in appello nella sentenza n. 26522/17, del 9 novembre. Il caso su cui è stata chiamata a pronunciarsi riguarda un’opposizione ad una cartella di pagamento emessa da Equitalia (ora Agenzia delle Entrate – Riscossione) proposta da una contribuente, il quale deduceva la mancata notificazione degli avvisi di accertamento.
Ma il Giudice di Pace, dinanzi al quale si era svolto il primo grado, aveva pronunciato il rigetto dell’opposizione, in quanto il contribuente sarebbe stato privo di interesse ad impugnare dal momento che l’azione di Equitalia sarebbe sussistita in mero sollecito di pagamento e non in una cartella.
Il Tribunale, nella veste di giudice d’ Appello, ha ritenuto fondato il primo motivo di impugnazione, con il quale si faceva valere che l’oggetto del giudizio di opposizione era costituito dalla cartella di pagamento e non, come erroneamente ritenuto dal giudice di pace, da un mero sollecito.
Tuttavia, ha rigettato l’opposizione nel merito, essendo stata nel frattempo raggiunta la prova dell’avvenuta notificazione dei verbali di accertamento. Le parti hanno proposto perciò ricorso in Cassazione.
Il contribuente, in particolar modo, ha osservato che il giudice d’Appello, ritenendo ammissibile la produzione documentale depositata dalla controparte per la prima volta in secondo grado, avrebbe violato il divieto assoluto di nuova produzione documentale che, per effetto della D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni con la legge 7 agosto 2012, n. 134, può essere derogato solo quando la parte interessata dimostra di non aver potuto provvedere alla produzione nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.
Nell’ argomentare i motivi della decisione la Corte di Cassazione ha osservato che la sentenza del Tribunale, al fine di giustificare l’ammissibilità della produzione documentale tardiva di nuove prove, ha richiamato «l’oramai consolidato orientamento della Corte di cassazione secondo il quale la preclusione alla produzione nel grado d’appello di nuovi documenti è temperata dalla facoltà del giudice di ritenerli necessari allo scopo di dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi» (Sez. U, Sentenza n. 10790 del 04/05/2017, Rv. 643939).
Ma la Corte ha evidenziato che tale giurisprudenza si riferisce testualmente a una formulazione dell’art. 345 cod. proc. civ. non più vigente, in quanto superata dalle modifiche apportate dal citato D.L. n. 83 del 2012.
Gli Ermellini hanno invece sostenuto che, al caso di specie, deve trovare applicazione il nuovo testo della disposizione in commento. Infatti, la modifica dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., operata dal D.L. n. 83 del 2012, trova applicazione, in difetto di una disciplina transitoria e dovendosi ricorrere al principio tempus regit actum, solo se la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge n. 134 del 2012, di conv. del D.L. n. 83 cit. e, cioè, dal giorno 11 settembre 2012.
Quindi, poiché la sentenza di primo grado è stata pubblicata il 13 giugno 2013, la giurisprudenza citata dal giudice d’appello a sostegno della propria decisione secondo la Cassazione non è calzante.

Fatte queste dovute precisazioni, la Corte afferma quindi il seguente principio di diritto:

“Nel giudizio di appello, la nuova formulazione dell’ art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. – quale risulta dalla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni con la legge n. 134 del 2012, applicabile nel caso in cui la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dal giorno 11 settembre 2012 in poi – pone il divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova e di produzione di nuovi documenti, a prescindere dalla circostanza che abbiano o meno quel carattere di “indispensabilità” che, invece, costituiva criterio selettivo nella versione precedente della medesima norma, fatto comunque salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile”.
Ciò posto, la Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata andava cassata in quanto, facendo erronea applicazione della precedente formulazione dell’art. 345 cod. proc. civ., ha ritenuto ammissibile la produzione in grado d’appello di documenti nuovi (relate di notificazione degli avvisi di accertamento) che le parti convenute, rimaste contumaci in primo grado, ben avrebbero invece potuto tempestivamente produrre in quel giudizio.  Ragion per cui ha accolto il ricorso del contribuente.

Avv. Annalisa Bruno

 
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