Un nuovo metodo per diagnosticare l’Alzheimer, economico e non invasivo, è stato messo a punto da un team di ricercatori italiani

Un gruppo di scienziati dell’Università di Brescia ha messo a punto un nuovo metodo per diagnosticare l’Alzheimer, economico e decisamente meno invasivo delle tecniche finora a disposizione. La ricerca è stata poi pubblicata su “Neurology”.
Grazie a questa tecnica elaborata dal team di ricercatori italiani e dello studio coordinato da Barbara Borroni, si potrà distinguere l’Alzheimer da un’altra forma di demenza piuttosto diffusa, quella fronto-temporale, che si stima rappresenti dal 10 al 15% di tutti i casi di demenza.
Il nuovo metodo per diagnosticare l’Alzheimer, infatti, permetterà di effettuare la diagnosi differenziale tra i due tipi di demenza; evitando esami più costosi o invasivi come la Pet o la puntura lombare.
Ma come funziona questa tecnica? Di fatto, si tratta di registrare la risposta cerebrale a una piccola e impercettibile stimolazione inviata dall’esterno con una sonda. Il nuovo metodo per diagnosticare l’Alzheimer si basa infatti sull’utilizzo della stimolazione magnetica transcranica che consiste nell’inviare, appunto, tramite una sonda una stimolazione magnetica ad aree precise del cervello.
Nello studio sono state coinvolte 79 persone con probabile Alzheimer, 61 con probabile demenza frontotemporale, 32 coetanei senza alcun segno di demenza.
Secondo Borroni, coordinatrice dello studio “nel cervello ci sono diversi tipi di neuroni che rilasciano diversi messaggeri chimici (neurotrasmettitori); ad esempio neuroni che rilasciano glutammato, neuroni che rilasciano acetilcolina ecc. Con questo metodo è possibile vedere se queste diverse famiglie di neuroni funzionano bene e discriminare tra le malattie perché per esempio “l’Alzheimer è legato a un deficit di rilascio di acetilcolina”.
Attraverso questo metodo innovativo, ha poi spiegato Borroni, è possibile “registrare la risposta alla stimolazione e in base ad essa valutiamo, appunto, l’integrità dei diversi neurotrasmettitori discriminando tra le diverse forme di demenza”.
“Se questi risultati saranno replicati in studi più ampi – ha infine concluso Borroni – i clinici potrebbero essere presto in grado di diagnosticare con facilità e rapidità la demenza fronto-temporale con questo metodo non invasivo”.
 
 
 
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