La Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sull’atto di offendere un avvocato su Facebook e sulle relative conseguenze

È un reato offendere un avvocato su Facebook con post denigratori? C’è da dire che con il diffondersi dell’utilizzo del social network, la domanda non è certo peregrina.

Con la sentenza numero 101/2018, la Corte di Cassazione ha fornito degli importanti chiarimenti a riguardo.

Secondo i giudici, commette diffamazione a mezzo strumenti informatici chi lede l’onorabilità e la reputazione del legale andando oltre i limiti di verità e continenza.

Pertanto, offendere un avvocato su Facebook scrivendo post finalizzati a denigrarlo, corre il rischio concreto di subire una condanna penale per diffamazione.

Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la condanna per il reato di diffamazione a mezzo strumenti informatici inflitta dal giudice del merito a un uomo.

Questi è stato ritenuto colpevole di aver utilizzato Facebook per offendere un avvocato coinvolto nel suo giudizio di separazione dalla moglie.

Per difendersi, l’imputato aveva tentato di rilevare che il suo account era stato usato da altri.

Insomma, a suo dire erano state altre persone a postare il commento denigratorio incriminato.

Tuttavia, nel corso del giudizio diversi elementi fattuali avevano dimostrato l’infondatezza di tale giustificazione. Questo, peraltro, è stato ritenuto poco probabile anche sulla scorta del fatto che il sistema del social network impedisce un certo tipo di manipolazioni.

Ma non è tutto.

Il commento scritto con lo scopo di offendere un avvocato su Facebook, era effettivamente inerente alla vicenda del reo e alla sua separazione dalla moglie. Inoltre, era caratterizzato da un’evidente portata lesiva dell’onorabilità e della reputazione professionale del legale.

Eccedeva poi dai limiti di verità e di continenza dell’espressione ed era stato espresso in relazione a un problema particolarmente sensibile. Infine, era caratterizzato da animosità e linguaggio tali da rendere impossibile scriminarlo, considerato anche che erano rapportati alla sorte dei figli.

Alla luce di tali considerazioni, il ricorso dell’uomo è stato ritenuto infondato.

 

 

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