La c.d. colpa medica, trattata dal punto di vista squisitamente penale, rappresenta uno degli argomenti più dibattuti sia in Dottrina che in Giurisprudenza, in ragione delle numerose insidie che nascondono i processi penali.

Infatti, un processo penale per “colpa medica” ha l’obiettivo di verificare la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta posta in essere dal sanitario e l’evento morte del paziente.

In altre parole, allorquando un medico ovvero più medici vengono processati dinanzi l’A.G. penale, il Magistrato Giudicante, all’esito di un duro dibattimento, caratterizzato per lo più dalle deposizioni e dalle correlative relazioni dei consulenti tecnici di parte, dovrà accertare se sussista o meno il nesso di causalità tra la condotta osservata nel caso in esame dal sanitario, ovvero dai sanitari, e l’evento morte del paziente, ossia, in termini pratici, se la morte del paziente è discesa dall’errata diagnosi e dunque dall’errata terapia del medico (dei medici) curante.

Ebbene, ma qual è l’iter logico-giuridico-argomentativo che deve seguire un Giudice, per affermare la penale responsabilità del sanitario/imputato ovvero per emanare una sentenza di proscioglimento?

Dunque, rispondiamo subito al lettore che, in materia, siamo passati dalle linee guida della Sentenza Franzese, a quelle evidenziate nella Legge Balduzzi, che di seguito analizzeremo.

Sentenza Franzese. La Sentenza Franzese è quella pronunciata dalle Sezioni Unite, individuata dal n° 30328/2002, ed ha rappresentato per circa 10 anni il caposaldo a cui l’Autorità Giudiziaria si è uniformata, in materia proprio di colpa medica. Senza soffermarci in questa sede in merito al caso concreto, al fine di non tediare il lettore, passiamo subito ad analizzare quello che è il contenuto pregnante di questa pronuncia delle Sezioni Unite. Sul punto, invero, la Giurisprudenza ha affermato che in materia di responsabilità professionale del medico-chirurgo, al fine di individuare la sussistenza o meno del nesso causale tra la condotta del sanitario e l’evento dannoso cagionato al paziente, occorre svolgere un c.d. “giudizio controfattuale”, condotto alla stregua di regole di esperienza e leggi scientifiche, finalizzato proprio ad accertare se la condotta omessa dal sanitario avrebbe impedito il verificarsi dell’evento ovvero lo avrebbe ritardato in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. In altre parole, nel corpo della motivazione di tale sentenza, le Sezioni Unite hanno indicato ai Giudici di seguire questo ragionamento, che spiegherò in termini molto pratici: se il medico avesse assunto la condotta che, per contro, non ha tenuto, l’evento lesivo al paziente si sarebbe comunque verificato nello stesso tempo e nella medesima modalità oppure non sarebbe accaduto ovvero sarebbe accaduto in un momento significativamente successivo e/o con minore intensità lesiva ? Pertanto, con la locuzione “giudizio controfattuale” si intende “fare ciò che non è stato fatto” ed è lo strumento che un Giudice dovrà utilizzare per condannare ovvero per prosciogliere il medico, imputato. Dunque, all’esito di tale “giudizio controfattuale”, laddove l’Organo Giudicante accerti che la condotta omissiva del medico curante sia stata – alla luce di un coefficiente di probabilità certo ovvero quasi prossimo alla certezza – il presupposto per l’evento lesivo della persona, dovrà emettere sentenza di condanna; per converso, qualora il coefficiente di probabilità non fosse alto, e, dunque, caratterizzato da incertezza, il Magistrato Giudicante dovrà prosciogliere il medico, imputato, poiché la penale responsabilità del reo può essere affermata esclusivamente “al di la dell’oltre ogni ragionevole dubbio”.

Legge Balduzzi. Il Decreto Legge n° 158/2012, poi convertito in Legge n° 189/2012, ossia, la c.d. Legge Balduzzi, ha creato non pochi problemi nelle Aule di Giustizia. In particolare, l’art. 3 della predetta Legge prevede espressamente, tra l’altro, che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”. Dunque, da un punto di vista prettamente penale, il nuovo dettato normativo riduce la responsabilità penale del medico, ritenendo che essa sussista esclusivamente in caso di colpa grave (intesa quale “ profonda imprudenza, estrema superficialità o inescusabili negligenza e disattenzione”), restando esclusa nell’ipotesi di colpa lieve del sanitario, il quale si sia attenuto alle indicazioni tecniche accreditate dalla comunità scientifica. Dunque, appare evidente che la nuova normativa in materia di colpa medica ha ridotto i profili di penale responsabilità del medico, il quale sarà condannato solo quando la sua condotta integri gli estremi della colpa grave ovvero quando si discosti dalle linee guida elaborate dalla comunità scientifica.

Orbene, fatta questa sommaria disamina dei paradigmi che i Giudici dovranno seguire nei processi penali per colpa medica (da scrivere ci sarebbero tantissime cose, ma il mio obiettivo, in armonia con la presente pagina web, è quello di non annoiare il lettore bensì fornirgli, per converso, piccoli spunti di riflessione), concludiamo, ora, analizzando brevemente la sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione, Sezione Penale, individuata dal n° 19175, del 2016.

Invero, nel caso in esame, all’esito di una sentenza di assoluzione nei confronti dei medici emanata dal Tribunale, riformata dalla Corte di Appello (la quale, appunto, per contro, riteneva che la condotta assunta nell’occasione dai sanitari fosse penalmente rilevante), gli Ermellini hanno annullato la sentenza di secondo grado, rinviando ad altra sezione penale della medesima Corte, applicando nella fattispecie in esame quanto disposto dalla Legge Balduzzi.

In particolare, mi permetto riprodurre testualmente in questa sede quanto disposto al punto sub 6.3 della sentenza esaminata: “in altri termini, alla luce della vigente disciplina, assumono rilevanza penale esclusivamente le condotte connotate da colpa grave, poste in essere nell’attuazione in concreto delle direttive scientifiche, sancite dalle linee guida. Insomma, nell’indicata sfera fattuale, la regola d’imputazione soggettiva è ora quella della sola colpa grave; mentre la colpa lieve è penalmente irrilevante”.

Dunque, nel corpo della sopra citata sentenza della Corte di Cassazione, viene applicato concretamente quanto espressamente statuito dalla Legge Balduzzi.

Avv. Aldo Antonio Montella
(Foro di Napoli)

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