Il Tribunale di Roma ha condannato i componenti di una equipe medica per aver operato una paziente all’ovaio sbagliato. Liquidati tutti i danni patiti, compreso il danno morale

Rientra tra gli obblighi di ogni singolo componente di una equipe chirurgica anche quello di prendere visione, prima dell’operazione, della cartella clinica del paziente per verificare la necessità di adottare particolari precauzioni imposte dalle sue specifiche condizioni ed eventualmente segnalare il suo motivato dissenso alle scelte chirurgiche da effettuare“.

Lo ha affermato il Tribunale di Roma (XIII Sezione sentenza n.17586/2018) nell’ambito di una vicenda concernente la responsabilità civile per il risarcimento dei danni subiti da una paziente, a seguito di un intervento chirurgico per l’asportazione di un teratoma cistico a carico dell’ovaio sinistro.

L’attrice esponeva che a partire dal 2003 e fino al 2005, lamentando dolori alla regione pelvica, si sottoponeva a svariati esami ecografici, i cui referti evidenziavano l’esistenza della cisti ovarica; cosicché, all’esito delle risultanze degli accertamenti strumentali, il medico curante le suggeriva di sottoporsi ad un intervento chirurgico di asportazione laparoscopica.

Ma stante il perdurare della sintomatologia dolorosa anche dopo l’intervento, la paziente si sottoponeva a nuovo esame ecografico, dal quale apprendeva che “non solo il primo intervento non era stato risolutivo, ma era stato erroneamente eseguito dagli operatori chirurgici, in quanto intervenuti sull’annesso destro piuttosto che su quello sinistro gravato dalla neo formazione cistica” e che, in definitiva, la relativa condizione clinica era rimasta inalterata, pur patendo un inutile intervento e dovendosi perciò, sottoporre ad una nuova operazione, questa volta risolutiva.

Il giudizio di primo grado

Instaurata la causa dinanzi al giudice capitolino, si costituivano i due medici convenuti i quali, negavano tutto quanto dedotto dalla controparte, sostenendo al contrario di essersi comportati correttamente, “attenendosi alle linee guida”.

Ma il Tribunale di Roma non ha condiviso la loro linea difensiva, anche a causa della incompleta documentazione medica fornita, e ha allo stesso tempo affermato che “la solidale responsabilità dei due medici, a prescindere dai ruoli e dai compiti individualmente svolti durante l’intervento. Trova ragion d’essere nel principio secondo cui “L’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, sicché rientra tra gli obblighi di ogni singolo componente di una equipe chirurgica, sia esso in posizione sovra o sotto ordinata, anche quello di prendere visione, prima dell’operazione, della cartella clinica contenente tutti i dati per verificare la necessità di adottare particolari precauzioni imposte dalla specifica condizione del paziente ed eventualmente segnalare, anche senza particolari formalità, il suo motivato dissenso rispetto alle scelte chirurgiche effettuate ed alla scelta stessa di procedere all’operazione, potendo solo in tal caso esimersi dalla concorrente responsabilità dei membri dell’equipe nell’inadempimento della prestazione sanitaria” (Cassazione sez. III, n. 2060 del 29/01/2018, m. 647907 – 01).

Accolta l’istanza risarcitoria

Per tali motivi il giudice di primo grado ha accolto l’istanza risarcitoria e condannato i convenuti al pagamento della somma, complessivamente determinata in 2.493,74 euro; in aggiunta alla liquidazione del danno non patrimoniale.

Come noto, alla luce delle note sentenze della corte di cassazione ed in particolare della sentenza delle Sezioni Unite della corte di cassazione n. 26972/2008, il ristoro di tale ultima voce di danno, compete:

a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato, potendo in questo caso essere oggetto di risarcimento qualsiasi danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, indipendentemente da una sua rilevanza costituzionale;

b) quando sia la legge stessa a prevedere espressamente il ristoro del danno, limitatamente si soli interessi della persona che il legislatore abbia inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto;

c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale e non predeterminati, dovendo, volta a volta essere allegati dalla parte e valutati caso per caso dal giudice.

In definiva il danno non patrimoniale è stato quantificato nella somma complessiva di 3.241,86, con l’aggiunta quale liquidazione del danno morale (determinato in via equitativa nella misura del 30% in ragione delle inutili sofferenze cagionate con il primo intervento; alle sofferenze riemerse nel prosieguo a causa della mancata guarigione e, alle sofferenze patite in seguito alla prima operazione).

La redazione giuridica

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