Secondo gli Ermellini, il giudice è tenuto a dare spiegazioni sulle ragioni della riduzione o esclusione delle singole voci indicate nella nota dell’avvocato.

La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell‘ordinanza n. 5224/2018 ha fatto il punto in merito alla parcella tagliata dal giudice e al fatto che una motivazione, in questi casi, debba essere fornita sempre.

Infatti, per gli Ermellini, il provvedimento con il quale il giudice respinge la richiesta dell’avvocato di liquidazione dei propri compensi per l’attività prestata, dovrà contenere una dettagliata spiegazione circa le ragioni della riduzione o esclusione delle singole voci indicate nella nota prodotta.

La vicenda

Nel caso di specie, la Cassazione ha accolto il ricorso di un avvocato. Questi aveva chiesto al Tribunale la liquidazione dei compensi per l’attività prestata a due assistiti in due controversie civili.

Il suo ricorso ex art. 28 della L. 794/1942, è stato però rigettato dal giudice a quo.

Secondo quest’ultimo, infatti, la liquidazione disposta nei giudizi di merito era stata eseguita in base allo scaglione di valore della causa e scaturiva da una compensazione parziale.

Da qui il ricorso in Cassazione dell’avvocato per la parcella tagliata. Questi deduce l’error iuris nel quale è incorso il giudice nel disporre la liquidazione dei compensi professionali. Ciò in quanto sono stati stabiliti in misura inferiore agli onorari minimi. Oltre, naturalmente, ai diritti predeterminati e fissi.

Il legale, infatti, ha lamentato che nonostante l’analitica esposizione delle voci nella proposta di parcella, il giudice non aveva indicato i criteri di liquidazione adottati.

Ma soprattutto, non aveva indicato le ragioni addotte per la parcella tagliata, né i motivi della eventuale esclusione delle voci.

Gli Ermellini ne hanno accolto il ricorso. Essi infatti rilevano come le voci di diritti e onorari applicate nella parcella prodotta innanzi al Tribunale, inerenti a singole e specifiche attività che gli intimati non hanno mai contestato, corrispondono al valore del decisum emergente dalla sentenza che ha definito il giudizio.

Pertanto, da questo deriva l’erroneità dell’ordinanza.

Nello specifico, nella parte in cui ha ritenuto che la liquidazione fosse stata “eseguita sulla scorta del corretto scaglione di valore”, liquidando i diritti e gli onorari in misura inferiore rispetto ai minimi previsti dalle tabelle A e B di riferimento allegate al d.m. 127/2004.

Il tribunale, difatti, aveva aderito alle sole deduzioni dei clienti riguardanti la congruità della liquidazione disposta all’esito dei giudizi nei quali il ricorrente aveva svolto la sua attività professionale.

Tuttavia non era stata fornita nessuna spiegazione delle ragioni della riduzione o esclusione delle singole voci indicate nella nota prodotta.

In questo modo, il giudice non ha tenuto conto di un consolidato principio.

Quello secondo cui il giudice, nel ridurre l’ammontare dei diritti e degli onorari richiesti dalla parte in modo specifico, è tenuto a indicare il criterio di liquidazione adottato e le ragioni della riduzione.

Ciò viene fatto per consentire all’interessato di individuare e denunziare in modo specifico le eventuali violazioni della legge o della tariffa.

Non solo. Nel caso di specie, l’ordinanza de qua ha tenuto conto della parziale compensazione delle spese operata in sentenza, ma tale aspetto investe il rapporto processuale fra le parti e non quello sostanziale fra le stesse ed i rispettivi difensori.

Ciò in quanto il cliente è tenuto al pagamento degli onorari nei confronti dell’avvocato indipendentemente dalla statuizione del giudice sulle spese giudiziali.

La liquidazione degli onorari che l’avvocato pretende dal proprio cliente, dunque, è indipendente. Nel senso che è svincolata dalla statuizione che condanna la parte soccombente al pagamento delle spese e degli onorari di causa.

Alla luce di tali considerazioni, il regolamento delle spese compiuto nel giudizio contenzioso patrocinato dall’avvocato, essendo regolato da criteri legali diversi, non può vincolare la successiva liquidazione del corrispettivo in sede di procedura promossa dal legale nei confronti del cliente per la determinazione della parcella. Il ricorso dell’avvocato è stato quindi accolto con rinvio al giudice competente.

 

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