Per un parto ritardato, il gruppo medicolegale dell’Accademia della Medicina Legale ha fatto ottenere un equo risarcimento ai genitori della neonata

Vi raccontiamo il caso di una bambina, nata con un parto ritardato per grave negligenza medica, la cui famiglia si è rivolta al nostro staff medico-legale per ottenere un risarcimento.

Ecco i fatti nel dettaglio. 

L’8 aprile 2002 la signora P.A. (per privacy ometteremo il nome) accedeva presso un Pronto Soccorso per “travaglio di parto”. Veniva ricoverata presso la Divisione di Ostetricia e Ginecologia.

Il travaglio veniva controllato con esame cardiotocografico iniziato alle ore 08:40 circa. Alle ore 08:45 si procedeva ad amniorexi con fuoriuscita di liquido amniotico chiaro. La situazione andava progressivamente aggravandosi con evidenza di decelerazioni gravi in serie, ripetute per tutta la durata del tracciato cardiotocografico; le stesse venivano incredibilmente refertate come “BCF regolare” e il monitoraggio veniva sospeso alle ore 10:05 circa.

Il parto ritardato, per via vaginale, avveniva alle ore 10:27 (l’inizio del travaglio era stato fissato alle ore 06:00) con nascita di feto del peso di 3400 gr.

Le condizioni della neonata apparivano subito gravissime: il punteggio di Apgar era di 2 al 1° minuto, 5 dopo 5 minuti, 5 dopo 10minuti e 6 dopo 15 minuti.

Nella scheda di assistenza ostetrica veniva indicato: “ore 10:27, alla nascita non ha pianto spontaneamente, ha presentato bradicardia (50/min), ipotonia, cianosi generalizzata, dopo circa 1,5 minuti è stata intubata [dato sovrascritto ad altro] somministrata adrenalina”.

Si evidenziava l’aspirazione, dopo l’intubazione, di abbondante quantità di liquido dai polmoni della neonata, segno di grave sofferenza in utero.

La piccola veniva ricoverata presso il reparto di Patologia Neonatale per “parto spontaneo e asfissia neonatale grave”. Alle ore 11:30 si registrava la ripresa della attività respiratoria e si procedeva all’estubazione. Alle ore 11:40 veniva trasferita presso il reparto di Pediatria e da lì, alle ore 12:45, presso l’U.O. di Terapia Intensiva Neonatale di altra Struttura.

La cartella clinica risulta alquanto scarna, tanto da configurarsi un’assoluta carenza assistenziale: non veniva infatti effettuate emogasanalisi sulla neonata e non si spiegano i motivi del trasferimento in Pediatria e poi alla rianimazione neonatale.

La piccola giungeva presso la Terapia Intensiva Neonatale alle ore 13:55, dove veniva accettata con diagnosi di “Grave asfissia neonatale”; al momento dell’accettazione in reparto la neonata presentava uno stato di ipereccitabilità e mioclonie evidenti, per cui veniva costantemente monitorizzata e trattata con terapia barbiturica. Veniva sottoposta ad accertamenti che mostravano la presenza di un grave danno cerebrale da sofferenza ipossico-ischemica a livello dei nuclei della base, del talamo e in sede corticale parietale. Veniva inoltre effettuato un EEG che mostrava la presenza di alterazioni bioelettriche a carattere epilettiforme diffuse in un tracciato indicativo di sofferenza encefalica diffusa.

In conseguenza di tale danno cerebrale, la piccola presentava tetraparesi spastico-distonica di tipo posturale, scarsa organizzazione antigravitaria, non era in grado di controllare il tronco in posizione seduta, marcia automatica possibile solo se sostenuta, non presentava autonomia nei passaggi posturali, presentava invece autonomia negli spostamenti con carrozzina elettrica in ambiente domestico. Inoltre mostrava un grave deficit comunicativo con assenza del linguaggio che compensa con l’uso di interfaccia computerizzata.

Dopo svariati anni, essendosi stabilizzato il quadro clinico della figlia, i genitori di A. si rivolgevano al nostro staff medicolegale che esaminati gli atti rilevavano i presupposti per ottenere un risarcimento. Quindi affidavano l’incarico nel settembre del 2011.


Le nostre considerazioni

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La disamina della documentazione sanitaria evidenziava che la sorveglianza del travaglio della sig.ra P. A. era risultata caratterizzata da evidente malpractice, sino alla nascita di un feto gravemente asfittico e non ben seguito anche nell’immediato post-partum.

Risultava evidente l’esistenza di un nesso di causalità materiale tra la condotta dei sanitari e la grave sofferenza fetale alla nascita, non evidenziandosi circostanze e cause diverse da quelle della malpractice; infatti le condizioni del feto all’arrivo in Ospedale, stante i rilievi del battito fetale (del controllo antecedente il ricovero) ed il suo normale accrescimento in utero, dimostrano l’assenza di preesistente danno o di altre non prevedibili e diagnosticabili cause di sofferenza fetale.

L’immediatezza della grave compromissione cardio-circolatoria, l’evoluzione del danno cerebrale (immagini e clinica), il precocissimo comparire di crisi epilettiformi confermate dall’EEG e la loro evoluzione, dimostrano scientificamente l’assunto di responsabilità.

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Altrettanto evidente sembrava l’errata assistenza rianimatoria-neonatologica nei primi minuti di vita: in caso di sofferenza fetale, i primi secondi-minuti risultano sempre determinanti, quanto meno per ridurre gli effetti potenzialmente letali dell’ipossia in utero. Nel caso esaminato non veniva somministrato ossigeno nel primo minuto e mezzo (e tale dato temporale risulta essere sovrascritto su altro ben più elevato), non risultava tempestiva la rianimazione della neonata che nasceva bradicardica. Inoltre risultava gravissimo l’errore di non avere proceduto subito all’aspirazione dell’abbondante liquido amniotico nell’albero respiratorio, ossia prima dell’assistenza respiratoria.

Preme comunque sottolineare che, in siffatte situazioni e nello specifico caso, pur necessitando un’assistenza altamente specialistica nel riconoscimento di una sofferenza fetale in utero e nel trattamento della stessa, la qualificazione dell’assistenza non può essere una scusante della scarsa qualità della prestazione.

Dunque, si possono riassumere i profili di colpa dei sanitari ginecologi e neonatologi come segue:

  1. Grave imperizia nel non avere riconosciuto tempestivamente i segni di una sofferenza fetale gravissima, quando era evidente nell’esame cardiotocografico effettuato e inserito in cartella.
  2. Grave imprudenza e negligenza nella scelta di proseguire il travaglio sino ad un eventuale parto vaginale, mentre il caso necessitava di taglio cesareo urgente.
  3. Grave imperizia nella rianimazione neonatologica in occasione della quale non si seguirono con tempestività ed appropriata sequenzialità i protocolli accreditati. A questo riguardo si precisa che è sempre necessario un medico rianimatore neonatale in quanto la loro presenza nei casi di sofferenza del neonato è fondamentale per evitare danni cerebrali allo stesso. Di fatto risulta indispensabile che le manovre rianimatorie siano attivate entro 30 secondi dalla rilevazione del battito cardiaco, dello sforzo respiratorio, del colorito cutaneo e del tono muscolare. Nel caso della piccola B.A. l’intervento del neonatologo è iniziato con grande ritardo.

 A seguito dell’apertura del sinistro i convenuti non riconoscevano alcuna responsabilità dei loro sanitari per cui si è dovuto procedere con un ricorso 696bis (Consulenza Tecnica Preventiva) presso il Tribunale.

Il Giudice incaricato nominava un collegio peritale composto da Medico Legale e Ginecologo Primario Universitario i quali aderivano senza discostarsi a tutte le nostre accuse dichiarando, dunque, la piena responsabilità dei sanitari del reparto di ostetricia dove partorì la sig.ra P.A.

A fronte di questa consulenza sfavorevole per i convenuti, prima di procedere con IL giudizio sommario (702bis), si iniziarono le trattative che dopo due mesi circa conducevano ad una transazione pari a 1.800.000€ che soddisfaceva i genitori della piccola A. ma che si ritiene di gran lunga inferiore ai più congrui 3 milioni di euro necessari per ristorare i danni della piccola A., dei Genitori e dei nonni che ad oggi sono sempre vicini alla piccola A.

Epoca della transazione: dicembre 2013.

Epoca dell’incasso aprile 2014

Tempo trascorso da incarico a transazione: 15 mesi


La storia dei genitori di A. deve insegnare ai lettori di RC molte cose

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  • Durante un ricovero per gravidanza a termine pretendere un controllo continuo cardiotocografico;
  • In caso di presenza di sofferenza fetale, mostrare in mostrare in modo evidente la volontà di eseguire parto cesareo precoce;
  • Quando da un fatto naturale come un parto ne derivano lesioni alla madre o al neonato, bisogna accettarne le cause e non desistere mai, specie quando durante la gravidanza tutto è proceduto senza problemi;
  • come nel caso dei genitori di a. non fermarsi alla prima consulenza medicolegale risultata negativa, ma cercare professionisti che si occupano prevalentemente di malpractice medica e lo fanno gratuitamente.

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Sei anche tu vittima di malasanità? Scrivi a Responsabile civile per una consulenza gratuita con i nostri esperti all’indirizzo email:  redazione@responsabilecivile.it

 

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