Il giudice deve sempre accertare la condotta di chi è alla guida che deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare l’incidente

Era stato investito mentre si trovava appoggiato a un’automobile ma, secondo il giudice, vedendo arrivare l’autocarro che lo avrebbe colpito avrebbe dovuto spostarsi o quantomeno avrebbe avuto la possibilità di farlo. Per tale motivo il pedone è stato ritenuto dal Tribunale di Bergamo unico responsabile del sinistro e si è visto pertanto negare la domanda di risarcimento danni avanzata in seguito al sinistro. La sentenza di primo grado veniva confermata anche in appello. Il pedone decideva quindi di impugnare la decisione di secondo e la vicenda approdava in Cassazione.
Il ricorrente, in particolare, sosteneva nel suo ricorso che, in base all’articolo n. 2054 del codice civile il conducente del veicolo avrebbe dovuto provare di essere esente da colpa. La Corte d’appello, inoltre, non avrebbe tenuto adeguatamente in considerazione la condotta di guida del camionista, che doveva essere considerata colposa; il restringimento della carreggiata per parcheggio di veicoli, la scarsa illuminazione del luogo e il danneggiamento dell’auto parcheggiata sarebbero tutti elementi che avrebbero dovuto portare alla colpa esclusiva del camionista. Infine, il pedone sosteneva che il suo comportamento non sarebbe stato in alcun modo pericoloso e che pertanto non era vero che il sinistro non poteva essere evitato dal camionista.
La Corte di Cassazione, pronunciandosi sulla questione con la sentenza n. 21072 del 19 ottobre 2016, ha fornito delle interessanti precisazioni in materia evidenziando come l’esistenza di un comportamento imprudente del pedone non esoneri il giudice dal dovere di esaminare la condotta del conducente; l’accertamento del comportamento colposo del pedone investito, infatti, “non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054 del c.c., primo comma, dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”.
Per la Suprema Corte è possibile che si configuri una concorrente responsabilità di pedone e conducente, “che può essere esclusa soltanto (…) tramite l’accertamento di una condotta del pedone investito che sia totalmente imprevedibile, in rapporto a tutte le circostanze nel cui contesto accade l’investimento”.
Gli Ermellini hanno pertanto sottolineato l’illogicità della motivazione dalla Corte d’appello, che avrebbe commesso un palese errore di valutazione attribuendo l’esclusiva responsabilità dell’accaduto al pedone investito. I giudici di Piazza Cavour hanno quindi ritenuto di accogliere il ricorso, annullando la sentenza di secondo grado e rinviando la causa alla Corte di appello affinché la riesaminasse alla luce dei principi affermati.
 
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