La Suprema Corte con l’ordinanza n. 11128 del 20 maggio 2014 si è occupata di un ricorso per regolamento di competenza, proposto dal titolare di un ambulatorio odontoiatrico per prestazioni professionali fornite presso uno studio privato da parte di un odontoiatra esercente in un luogo diverso rispetto a quello di residenza del paziente sottoposto alle cure.
Preliminarmente la Corte osserva che non è contestata tra le parti l’applicabilità al caso de quo delle norme contenute nel c.d. codice del consumatore e, in particolare, l’applicabilità del foro del consumatore. Si tratta, infatti,  di pretesa creditoria per prestazioni professionali di natura medico-sanitaria odontoiatrica eseguite in uno studio privato. Ne consegue che il contratto di prestazione d’opera professionale concluso tra paziente e medico rientra nell’ambito della disciplina dei contratti del consumatore, anche se il contratto – come nella specie – non sia stato concluso per iscritto e il paziente abbia scelto di avvalersi dell’attività di un medico esercente in un luogo diverso dalla sua residenza (Cass., sez. 3^, ord. 20 marzo 2010, n. 6824; Cass., sez. 3^, ord. 2 gennaio 2009, n. 20).
Il punto focale della controversia esaminata dagli Ermellini riguarda invece l’affermazione della derogabilità o meno del foro del consumatore, al fine di  verificare se, nel caso de quo, l’eccezione di incompetenza territoriale sia stata tempestiva o tardiva, con riferimento al combinato disposto dell’art. 38 c.p.c. (cosi come modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69) e D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. u).
La Cassazione rileva che la giurisprudenza più recente ritiene che il foro del consumatore, sebbene esclusivo, è di natura derogabile, in virtù di quanto previsto dal D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lettera u), solo nel caso in cui venga dimostrata l’esistenza di una specifica trattativa tra le parti.
La prova di tale circostanza costituisce un onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola di deroga, ponendosi l’esistenza della trattativa come un prius logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola (Cass., sez. 6^, ord. 10 luglio 2013 n. 17083; nello stesso senso Cass., sez. 3^, ord. 26 settembre 2008, n. 24262).
Ebbene, nel caso in esame, non risultando per tabulas l’esistenza di trattative tra le parti, né l’esistenza di un contratto scritto, e conseguentemente di una clausola vessatoria, e mancando una vera e propria elezione di domicilio, il foro del consumatore coincide necessariamente con quello della sua residenza che risulta sia  dalle fatture che dall’ampio carteggio depositato  in atti e che pacificamente è compresa nel circondario del Tribunale di Crema – e deve intendersi quale foro esclusivo ed inderogabile (cfr. Cass., sez. 6^, ord. 17083/2013, cit.Cass., sez. 6^, ord. 17 maggio 2011, n. 10832; Cass., sez. 3^, ord. 9 giugno 2011, n. 12685; in senso analogo, anche Cass., sez. 6^, ord. 25 novembre 2010, n. 23979).
Osservano gli Ermellini che, il luogo di residenza è un criterio di collegamento ai fini della determinazione della competenza per territorio, sicché il consumatore non ha l’onere di indicarlo nell’atto introduttivo, né, tanto meno,  la mancata indicazione può equivalere a rinuncia (Cass., sez. terza, ord. n. 20/2009 cit.).
Infatti, come è accaduto nel caso de quo, egli  può sempre, nel rispetto dell’art. 183 c.p.c., eccepire l’incompetenza territoriale inderogabile sino alla prima udienza di trattazione. Da tanto discende l’applicabilità dell’art. 38 c.p.c., comma 3.
E’ necessario sottolineare però che il giudizio de quo è stato  instaurato dopo il 4 luglio 2009, trattandosi di opposizione a decreto ingiuntivo emesso il 2 novembre 2011, cioè dopo la modifica dell’art. 38 c.p.c., operata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45.
Ebbene, in base alla nuova disciplina, il regime della rilevazione della incompetenza per il convenuto, con riferimento a qualsiasi tipo di incompetenza e, quindi, anche a quella territoriale inderogabile, come quella relativa al foro del consumatore, è quello indicato dall’art. 38 novellato, comma 1, che oramai onera il convenuto di eccepire qualsiasi incompetenza “a pena di decadenza, nella comparsa di costituzione tempestivamente depositata“, cioè nella comparsa depositata nel termine di cui all’art. 166 c.p.c..
Vertendo il giudizio de quo in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, la prima difesa utile per l’opponente è costituita dall’atto di opposizione che, in tale procedimento, assume lo stesso valore della comparsa di risposta nella procedura ordinaria (Cass., sez. I, 27 maggio 1999, n. 5161).
Ora, nell’atto di citazione in opposizione, l’opponente  ha formulato esclusivamente conclusioni di merito, chiedendo accertarsi e dichiararsi l’insussistenza del diritto di credito azionato in via monitoria o la riduzione del corrispettivo e solo in occasione della prima udienza, ai sensi dell’art. 183 c.p.c., la difesa dell’opponente  ha sollevato, per la prima volta, l’eccezione di incompetenza territoriale inderogabile.
Ma tale eccezione, formulata solo all’udienza di cui all’art. 183 cod. proc. civ., avrebbe dovuto considerarsi tamquam non esset perché tardivamente proposta.
Quindi, secondo la Suprema Corte ogni questione sulla competenza risultava definitivamente preclusa, sia al potere di eccezione di parte, per tardività della deduzione, sia al potere di rilevazione dell’ufficio.
Per tale motivo il Tribunale non avrebbe potuto e dovuto declinare la competenza in accoglimento dell’eccezione di incompetenza territoriale sollevato dall’opponente alla prima udienza di trattazione.
Gli Ermellini ritengono che vada data continuità al principio di diritto affermato dalla stessa Corte con la pronuncia  n. 3537 del 14 febbraio 2014, in base alla quale “nel regime della rilevazione della questione di competenza, di cui all’art. 38 c.p.c., nel testo sostituito dalla L. n. 69 del 2009, ove l’opponente a decreto ingiuntivo abbia sollevato un’eccezione di incompetenza inderogabile, in ragione del foro del consumatore, soltanto all’udienza di prima comparizione ai sensi dell’art. 183 c.p.c., invece che nell’atto di citazione in opposizione, e, dunque, tardivamente, il potere di rilevazione ufficioso della stessa eccezione di incompetenza deve essere esercitato necessariamente ed espressamente dal giudice nella detta udienza, ai sensi dello stesso art. 38, comma 3”.
In caso contrario, come è accaduto nella fattispecie in esame, per la Corte di Cassazione, la competenza resta radicata avanti al giudice adito a cui va rimessa la causa.

Avv. Maria Teresa De Luca

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