Il Presidente del Veneto Zaia ha dichiarato, in merito ai Pfas, che saranno presi provvedimenti per ridurre l’impatto dei potenti inquinanti

Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto, ha espresso la sua preoccupazione in merito ai Pfas, i potenti inquinanti che sono stati rilevati in grosse quantità nelle acque della regione.
Ma non è solo il Veneto a essere inquinato dai Pfas.
Questi impermeabilizzanti, infatti, sono tra i più diffusi al mondo.
Vengono abitualmente impiegati per cerare giacconi e proteggere smartphone, ma anche per fabbricare le pellicole antiaderenti delle padelle e la carta da pizza.
Il Veneto però, è la regione italiana che più di tutte sta soffrendo il problema dei Pfas a causa dell’azienda Miteni di Trissino, provincia di Vicenza, che da oltre 40 anni produce i Pfas inquinando le falde acquifere.
“I ministeri italiani – ha dichiarato Zaia lunedì scorso – non vogliono emanare una legge nazionale sui limiti dell’inquinante e allora in questa regione ci arrangeremo. In piena autonomia, procederemo a una drastica riduzione dei limiti dei Pfas che possono essere presenti nelle acque delle rete idrica”.
Sarebbe questa la prima volta che nei confronti dei perfluoroalchilici si definisce un determinato perimetro di pericolosità e se ne fa discendere una legge.

Questa decisione giunge dopo il ministero della Salute ha respinto la proposta di realizzare una direttiva nazionale e un conseguente monitoraggio in tutto il Paese.

“Il problema Pfas – dichiara la Direzione generale della prevenzione sanitaria – è concentrato solo nelle quattro province di Vicenza, Rovigo, Venezia e Padova”.
Purtroppo però, uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche del 2013 parla di molte più aree coinvolte.
Tra queste vi sarebbero: Santa Croce sull’Arno in provincia di Pisa; il sottobacino Adda-Serio in Lombardia; l’area del Bormida che riceve gli scarichi dagli impianti chimici di Spinetta Marengo (Alessandria); l’intera asta del Po da Torino a Ferrara.
Nel frattempo, gli 80 milioni di euro che sono stati chiesti al governo per operare degli interventi strutturali non sono ancora stati messi a bilancio.
In questo quadro sempre più preoccupante si inserisce lo sciopero di 8 ore indetto dagli operai della Miteni mercoledì scorso.
A seguito dello sciopero Zaia ha incontrato “le mamme dei Pfas”, delegazione di madri i cui figli, a seguito di analisi, risultano “contaminati” dalla sostanza tossica.
In queste settimane, infatti, sono diventati pubblici i primi controlli clinici avviati a gennaio 2017 su giovani di 14 anni.
Ebbene, in diversi casi, sono state rintracciate nel sangue tracce di Pfas (e Pfoa) tutt’altro che trascurabili: da 70 fino a 300 nanogrammi per grammo. Una percentuale ben oltre la media.

Ai quattordicenni è stata offerta – dal 15 settembre – la pulizia del sangue (plasmaferesi). Alcune famiglie hanno accettato.

Intanto, Greenpeace ha chiesto a Zaia di “bloccare tutte le fonti di inquinamento da Pfas” e di abbassare drasticamente i livelli di sicurezza della sostanza nell’acqua, “attualmente in Veneto sono tra i più alti al mondo”.
L’8 marzo scorso i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Treviso hanno certificato come l’azienda negli anni 1990, 1996, 2004, 2008 e 2009 abbia incaricato varie società di consulenza di effettuare indagini sullo stato di inquinamento del sito.
Ciò che emerso è estremamente grave.
Sembra infatti che, nonostante l’obbligo, non siano mai stati trasmessi i risultati a Regione, Provincia e comuni.
“La condotta omissiva di Miteni Spa – ha dichiarato Greenpeace – ha comportato che l’inquinamento da Pfas si propagasse nella falda a chilometri di distanza”.
 
 
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