I familiari di una donna morta per un carcinoma polmonare hanno presentato una denuncia querela per accertare eventuali responsabilità mediche su quanto accaduto alla loro congiunta, a partire dalla presunta lettura errata di una tac quando il tumore sarebbe stato ancora a uno stadio iniziale

Vi sarebbe una presunta lettura errata di una tac alla base del calvario che ha portato al decesso di una settantenne residente in provincia di Ferrara, morta nel novembre del 2013 per un tumore al polmone. Questa, perlomeno, sarebbe la convinzione dei familiari che, come riporta il Resto del Carlino, hanno deciso di presentare una denuncia querela sull’accaduto.

In particolare la figlia e la nipote della defunta, chiedono che venga fatta luce sull’operato di un medico del poliambulatorio del mantovano dove la loro congiunta avrebbe effettuato, nel gennaio del 2012, una tac toracica in seguito al persistere di un malessere caratterizzato da febbre, tosse e difficoltà respiratorie.

L’esito dell’esame non aveva fatto emergere alcuna anomalia, ma le condizioni della donna col passare del tempo non erano migliorate. La signora, peraltro, nei mesi successivi era stata ricoverata prima per dei polipi vescicali e poi per un problema ai piedi.  In tutti i casi, secondo quanto riferiscono i parenti, i medici avrebbero notato delle anomalie ma non le avrebbero prese in considerazione sulla base dell’accertamento eseguito poche settimane prima.

Nel giugno del 2013, dopo una serie di ricoveri legati a disturbi sempre più gravi, la donna era stata portata dalla figlia in Pronto soccorso in quanto non riusciva a respirare. Era quindi stata sottoposta a una nuova tac toracica che, questa volta, aveva evidenziato la presenza di un carcinoma polmonare. Un tumore che, secondo un’oncologa interpellata dalla famiglia, sarebbe stato “già manifesto” in occasione della primo esame. La paziente sarebbe morta da li a pochi mesi.

Secondo i parenti, quindi, lo specialista che lesse la prima tac, avrebbe agito con “negligenza” e “scarsa attenzione” determinando, come riferisce il Resto del Carlino, ritardo diagnostico che avrebbe compromesso la qualità di vita a cui la settantenne avrebbe avuto diritto. L’errata valutazione iniziale avrebbe indotto in errore gli altri medici con la conseguenza che il cancro sarebbe rimasto sconosciuto fino a quando ormai non era troppo tardi.

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