Mettevano in vendita, nel loro esercizio commerciale di Cesenatico, prodotti alimentari denominati “murice spinoso”, contenenti metallo pesante Cadmio in quantità superiore ai limiti consentiti e precisamente nella misura di 4,31 mg/kg, oltre il limite di 1,0mg/kg previsto dalla normativa comunitaria di cui al Regolamento CE 1881/2006

Il fatto è stato accertato dal Tribunale di Forlì che per l’occasione ha condannato la società venditrice dei prodotti alimentari citati alla pena di euro 5.000,00 di ammenda, per il reato di cui all’art. 6) in relazione alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. d): “È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari: insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione”.

Il ricorso per Cassazione

La società proponeva ricorso per Cassazione sostenendo che la normativa contenuta nel Regolamento CE 1881/2006, si riferisce ad altra tipologia di prodotto alimentare e, nella specie, ai “molluschi bivalvi”, nonché ai “cefalopodi senza viscere”, ma non anche ai “gasteropodi”, cui appartengono i murici spinosi.

Il Tribunale di Forlì avrebbe perciò erroneamente ed arbitrariamente interpretato la normativa europea, così incorrendo in un vizio censurabile in sede di legittimità.

Peraltro, dagli accertamenti eseguiti dai NAS sui loro “prodotti alimentari” era emerso che il superamento dei limiti del Cadmio era rinvenibile nelle sole viscere dei molluschi, all’interno cioè di una parte non destinata al consumo umano in quanto non commestibile.

Non poteva dirsi, perciò, integrato il reato contestato stante l’assenza di un pericolo concreto.

Ma i giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno respinto i motivi di ricorso sostenendo che il reato c’era e come!

Le sostanze nocive secondo la giurisprudenza di legittimità

A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che nella nozione di sostanze “nocive” (di cui all’art. 5, lett. d) della L. n. 283 del 1962) rientrano tutte “quelle che possono arrecare concreto pericolo alla salute dei consumatori” e che “tale pericolosità, quindi, non è data dalla ipotetica ed astratta possibilità di nocumento della sostanza alimentare, ma dalla attitudine concreta di essa a provocare danno alla salute pubblica” (Sez. 3, n. 51591 del 28/09/2017; Sez. 3, n. 14483 del 07/12/2016; Sez. 3, n. 4743 del 7/03/2000).

Tale attitudine concreta, peraltro, può essere desunta dal giudice da una serie di elementi, purché il relativo apprezzamento sia, sul punto, adeguatamente e logicamente motivato.

Nel fare ciò non si deve necessariamente fare riferimento al superamento del parametro contenuto nel Regolamento (CE) n. 1881/2006 che – come anticipato – definisce i limiti massimi del cadmio per i “molluschi bivalvi” e per i “cefalopodi senza viscere” e che, invece, nulla prevede in relazione ai gasteropodi, specie cui appartengono i murici spinosi; fermo restando tale limite, costituisce comunque un solidissimo elemento indiziario, in ordine alla idoneità della sostanza chimica rinvenuta, a determinare un vulnus alla salute dei potenziali consumatori degli alimenti (Sez. 3, n. 14483 del 07/12/2016; Sez. 3, n. 4743 del 7/03/2000).

Il reato di somministrazione di sostanza “nocive”

Ed invero, nel caso in esame era stata riscontrata una presenza di Cadmio nella misura di 0,203 mg per chilo nel “piede” e nella misura di 4,31 mg per chilo negli “organi”, superiore al limite previsto nella normativa comunitaria disciplinata dal Reg. CE 1881 del 2006.

Non soltanto. Ma nell’etichetta presente sulle confezioni non vi erano indicazioni sulle modalità di utilizzo nel consumo e, in particolare, non si faceva menzione circa il rischio per la salute del consumo degli organi interni.

Si consideri che la tipologia dei murici spinosi non consente la separazione della parte edibile dal resto, conchiglia a parte.

Per tali ragioni il giudice di merito aveva correttamente ritenuto la nocività del prodotto alimentare e la pericolosità per il consumo in condizioni d’uso normali e l’aveva congruamente argomentato sul solido indizio del superamento dei limiti previsti per il Cadmio in alcuni prodotti alimentari appartenenti a categorie equiparabili a quelle in oggetto; tenuto conto, altresì, che il metallo pesante in oggetto è altamente tossico stante la sua notevole capacità di penetrazione nella cellula e il suo lento smaltimento da parte dell’organismo, e dall’essere privo, il prodotto, di informazioni per il consumatore in condizioni di sicurezza per la salute del prodotto destinato al consumo umano.

La sentenza impugnata – secondo i giudici della Corte – ha perciò fatto buon governo dell’orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità nel definire i parametri per la qualificazione in termini di nocività delle sostanze alimentari contaminate dal Cadmio e l’ha congruamente argomentata.

Il reato di pericolo

La fattispecie penale contestata ha natura di reato di pericolo, sicché ciò che rileva ai fini della qualificazione della condotta come penalmente rilevante è l’idoneità, ovvero la probabilità, che la sostanza produca effetti di tossicità sulla salute degli eventuali consumatori.

Peraltro, con una nota del Ministero della Salute emessa nell’ottobre 2007, era stato chiarito che i gasteropodi marini sono da ricomprendere tra i prodotti alimentari denominati “molluschi bivalvi e prodotti da pesca” con conseguente applicazione dei limiti di cadmio come indicati citato Reg. Ce del 2006.

Nessun dubbio allora: quello posto in essere dalla società di vendita di Cesenatico rientrava nelle ipotesi di reato di cd. “frode tossica” che comprende qualsiasi fatto contravvenzionale previsto negli artt. 5 e 6 l. n. 283/1962, insidioso per se stesso o produttivo di effetti insidiosi, da cui derivi un’attitudine della sostanza a produrre effetti intossicanti o comunque un pericolo di danno per la salute del consumatore da accertarsi in concreto.

La redazione giuridica

 

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