Nel giudizio di risarcimento promosso dal cliente nei confronti dell’intermediario finanziario per i danni arrecati dal promotore finanziario infedele, l’intermediario assume la posizione di terzo rispetto al promotore autore dell’illecito (Cass. civ. sez. I n. 21737 del 27 ottobre 2016)

E in ogni caso, l’investitore, che intende invocare la responsabilità solidale della banca per l’illecita appropriazione di denaro da parte del promotore finanziario infedele, ha l’onere di provare di avere consegnato a quest’ultimo i propri risparmi per attività funzionali all’esercizio delle incombenze affidategli dalla banca medesima.

Lo ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione in una recente sentenza datata 14 dicembre 2018, n. 32514.

La vicenda

I ricorrenti avevano affidato i loro risparmi, per l’effettuazione di investimenti finanziari, ad un promotore finanziario, responsabile provinciale di un noto istituto di credito italiano.

I ricorrenti avevano poi, appreso della condotta illecita del promotore, consistita nella sottrazione di ingenti capitali ai propri clienti. Tra essi vi erano anche le somme da loro affidate che, come ebbero modo di accertare, solo in parte erano state investite, le restanti erano state, invece, indebitamente distratte.

L’attività illecita del professionista, secondo i ricorrenti, era stata favorita dall’istituto di credito, suo datore di lavoro, che gli aveva consentito di operare a suo piacere sul proprio conto corrente.

Cosicché convenivano in giudizio la banca per la restituzione delle somme illecitamente distratte.

Il processo giungeva sino ai giudici della Cassazione, dopo che nel merito era stata rigettata l’azione dei ricorrenti in ordine alla legittimazione passiva della banca, nonché alla responsabilità del promotore finanziario, posto che lo stesso avrebbe ricevuto le somme da investire con modalità diverse (in contanti) da quelle per cui quest’ultimo sarebbe stato legittimato a ricevere.

Entrambi i punti sono stati affrontati in ultimo grado.

La sentenza d’appello era infatti, stata impugnata sul presupposto errore – commesso dai giudici distrettuali – della ricerca di un nesso di causalità, non richiesto dalle norme di legge richiamate. Al contrario, doveva essere dimostrato il rapporto di occasionalità necessaria tra l’attività svolta dal promotore finanziario e l’illecito compiuto. Su tale presupposto si basa il diritto dell’investitore di buona fede che abbia subito il danno ad essere risarcito dall’intermediario per i danni provocati dal soggetto che operava sotto la sua responsabilità (Cass. civ. sez. III n. 12448/2012).

La società intermediaria – si legge nel ricorso – deve considerarsi infatti responsabile solidale per i danni arrecati dai promotori finanziari nello svolgimento delle incombenze loro affidate anche se tali danni risultano provocati con comportamenti sanciti in sede penale o integranti violazione di regole comportamentali imposte ai promotori come è avvenuto nel caso in esame in cui il professionista aveva riportato una condanna penale definitiva in relazione alle sue malversazioni nei confronti dei clienti e, dunque, si era reso responsabile di numerose violazioni di regole comportamentali come l’obbligo di trasmissione dei moduli di conferma relativi ai singoli ordini di acquisto.

Quanto al secondo motivo di impugnazione rilevano i ricorrenti che le modalità attraverso le quali viene effettuata la corresponsione di denaro in favore di un promotore finanziario non rappresentano elementi costitutivi della fattispecie illecita della appropriazione di tali somme e non assumono rilievo per addebitare pretese colpe all’investitore.

Sul punto va altresì richiamata la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. sez. III n. 1741/2011) secondo cui la mera circostanza che il cliente abbia consegnato al promotore somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest’ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle non esclude, in caso di indebita appropriazione di tali somme, da parte del promotore, la responsabilità solidale dell’intermediario preponente per il fatto illecito commesso dal promotore, né – in mancanza di ulteriori elementi – può costituire da sola concausa del danno subito dall’investitore ovvero fatto idoneo a ridurre l’ammontare del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227, rispettivamente commi primo e secondo, cod. civ.

La Cassazione

Interessante è la ricostruzione del quadro giurisprudenziale che i giudici della Suprema Corte, operano in sede di decisione.

Il nodo centrale della vicenda si incentra sul presupposto dell’esistenza di un rapporto di necessaria occasionalità tra fatto illecito del promotore e esercizio delle attività funzionali allo svolgimento dei compiti che gli sono stati affidati dall’intermediario (cfr. fra le altre Cass. civ., sez. III, n. 18928 del 31 luglio 2017 e n. 5020 del 4 marzo 2014). Se un simile rapporto deve considerarsi esistente tutte le volte in cui la condotta del promotore finanziario rientri nell’ambito e nelle finalità dell’attività dell’intermediario, l’onere probatorio gravante sul cliente, che agisca nei confronti dell’intermediario per il risarcimento del danno procurato dalla condotta illecita del promotore consiste nel dimostrare di aver affidato il proprio denaro, oggetto dell’illecita appropriazione da parte del promotore, per l’effettuazione di operazioni finanziarie che apparentemente rientrano nel campo della attività affidargli dall’intermediario secondo un criterio di normale affidamento in buona fede (Cass. civ., sez. I, n. 6829 del 24 marzo 2011). Parallelamente l’intermediario, ai fini dell’esclusione di tale responsabilità oggettiva e solidale nei confronti del cliente, ha l’onere di provare che a quest’ultimo fosse chiaramente percepibile che la condotta del promotore si poneva al di fuori del rapporto con l’intermediario ovvero che il cliente fosse consapevolmente coinvolto nell’elusione della disciplina legale posta in essere dal promotore finanziario (Cass. civ., sez. I, n. 22956 del 10 novembre 2015 e Cass. civ., sez. n. 18928/2017).

In altri termini l’intermediario deve provare la chiara estraneità della condotta del promotore ai compiti affidatigli ovvero, la evidente anomalia della condotta, se pure rientrante nel campo di operatività propria del rapporto fra intermediario e promotore (Cass. civ., sez. I, n. 9892 del 13 maggio 2016 e n. 27925 del 13 febbraio 2013).

Nel definire il contenuto di questa prova liberatoria – continuano gli Ermellini – la giurisprudenza di legittimità esclude che la consegna di somme di denaro da parte del cliente con modalità difformi a quelle cui il promotore dovrebbe attenersi possa di per sé escludere il rapporto di necessaria occasionalità ed anche che possa costituire concausa del danno o determinare l’applicazione dell’art. 1227 c.c. ai fini della riduzione del risarcimento spettante all’investitore (Cass. civ., sez. I, n. 4037 del 1 marzo 2016 e n. 17393 del 24 luglio 2009).

L’onere della prova

L’onere della prova, che grava sul cliente, dell’illecita appropriazione da parte del promotore finanziario del denaro consegnatogli ai fini dell’investimento, tuttavia, varia nella prospettiva della responsabilità del promotore e dell’intermediario. Nei confronti di quest’ultimo è necessario che il soggetto interessato provi la effettiva consegna del denaro per l’effettuazione di operazioni finanziarie rientranti nel campo di operatività del rapporto fra il promotore e l’intermediario (Cass. civ., sez. III, n. 1741 del 25 gennaio 2011).

Con riferimento al caso in esame, la Cassazione ha così deciso: nel giudizio di risarcimento promosso dal cliente nei confronti dell’intermediario finanziario per i danni arrecati dal promotore finanziario infedele, l’intermediario assume la posizione di terzo rispetto al promotore autore dell’illecito (Cass. civ. sez. I n. 21737 del 27 ottobre 2016).

E in ogni caso, l’investitore, che intende invocare la responsabilità solidale della banca per l’illecita appropriazione di denaro da parte del promotore finanziario, ha l’onere di provare di avere consegnato a quest’ultimo i propri risparmi per attività funzionali all’esercizio delle incombenze affidategli dalla banca medesima.

 

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