Per garantire la sicurezza in sala parto basta applicare la regolamentazione vigente. Provvedimento è “attacco immotivato a tutta la categoria degli operatori dei punti nascita”

L’introduzione del reato di “violenza ostetrica”? Per la Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), l’Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani (Aogoi) e l’Associazione ginecologi universitari italiani (Agui) non serve: il ddl presentato alla Camera da Adriano Zaccagnini, deputato di Sinistra Italiana, sostenuto da una potente campagna sui social media (spinta dall’hashtag #bastatacere) e da alcune associazioni non serve a tutelare la salute delle neo mamme italiane perché “per garantire la sicurezza in sala parto non c’è bisogno di nuove leggi”, ma basta “applicare al 100% la regolamentazione già vigente, a partire dai provvedimenti stabiliti dalla riforma Fazio del 2010″.

Secondo ginecologi e ostetrici, insomma, questo disegno di legge offenderebbe la professionalità degli operatori sanitari, che al riguardo non sono stati neanche convocati: “Il provvedimento diventa così soltanto un duro attacco immotivato a tutta la categoria degli operatori dei punti nascita che si riservano di tutelare, in ogni sede, il loro diritti e la loro onorabilità”.

Di fatto, la proposta di legge “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico” sarebbe nata per evitare abusi verbali in sala parto, ma anche la mancanza di consenso realmente informato.

“Per trascuratezza e carenze di formazione del personale – spiega il deputato di SI – in Italia c’e’ un alto tasso di abusi al momento del parto e troppo spesso senza alcuna sanzione. Spesso il personale ha una formazione non aggiornata rispetto alla promozione di un parto non medicalizzato e comunque non basata su un reale consenso informato”.

E in concreto, la proposta di legge promuove “il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità personale della partoriente e del neonato, nonché l’appropriatezza degli interventi al fine di ridurre il ricorso al taglio cesareo, al parto vaginale operativo e a tutte le pratiche lesive dell’integrità psico-fisica della donna, incluse le umiliazioni verbali. Il capo II è dedicato ai diritti delle donne e al consenso informato, libero e consapevole ai trattamenti medici durante il travaglio e il parto”.

“Eventuali offese alla dignità personale della partoriente e del neonato, scelte terapeutiche non corrette o abusi da parte del personale sanitario devono essere ovviamente contrastati – affermano i presidenti Paolo Scollo (Sigo), Vito Trojano (Aogoi) e Nicola Colacurci (Agui) – Alla magistratura spetta il compito di punire chi ha sbagliato, ma siamo convinti che la malasanità si possa prevenire. Bisogna applicare la normativa prevista dal decreto ministeriale (Dm numero 70) che prevede la chiusura e l’accorpamento dei punti nascita al di sotto dei 1.000 parti l’anno e la corrispettiva messa in sicurezza dei restanti”.

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