La vicenda sottoposta al vaglio degli Ermellini traeva origine dalla denuncia che una donna delle forze armate aveva sporto nei riguardi di un’altra collega, per il reato di violenza sessuale, previsto e punito dall’art. 609 bis del Codice Penale

La vicenda

In particolare, nel caso di specie, Tizia, nel mentre preparava il proprio borsone all’interno dello spogliatoio in uso appunto alle donne delle forze armate ed era dunque in posizione china in avanti, veniva abbracciata da Caia la quale, stringendola con forza, la baciava sul collo.
Ebbene, all’esito della celebrazione del processo penale a carico di Caia, il Tribunale affermava la penale responsabilità dell’imputata e la Corte di Appello adita confermava parzialmente la sentenza di primo grado, operando una riduzione della pena in ragione della concessione a Caia della circostanza attenuante comune di cui all’art. 62 n° 6 c.p..
Orbene, veniva dunque avanzato dalla difesa dell’imputata ricorso per cassazione, eccependo da un lato la contraddittorietà della motivazione di sentenza, con specifico riguardo ad alcune prove orali assunte nel corso del dibattimento, e dall’altro l’inosservanza della legge penale, con specifico riguardo alla mancata applicazione all’imputata della causa di non punibilità disciplinata dall’art. 131 bis c.p..

Il ricorso per Cassazione

Dunque, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, adducendo quanto brevemente appena dopo si specificherà, in tema proprio di reato di violenza sessuale, di cui all’art. 609 bis c.p..
Gli Ermellini, in particolare, hanno innanzitutto affermato che l’atto posto in essere da Caia, ossia l’abbraccio ed il bacio sul collo di Tizia, ha pacificamente natura sessuale.
In secondo luogo, è stato rilevato che le prove assunte nel corso del dibattimento comprovavano in maniera inconfutabile e dunque oltre ogni ragionevole dubbio che Caia fosse persona non gradita a Tizia, né fisicamente, né sentimentalmente, la quale pertanto non aveva alcuna intenzione di avere approcci sessuali con la prima.
Peraltro, risulta acclarata la ossessività e la morbosità che Caia provava nei riguardi di Tizia, comprovata non solo tramite le prove orali articolare nel corso dell’attività istruttoria, bensì anche dal contenuto degli sms scambiati tra le parti acquisiti al fascicolo.
Infine, per completezza nei riguardi di chi legge, occorre sottolineare che anche l’argomentazione relativa all’applicazione in favore di Caia della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. veniva dichiarata inammissibile dagli Ermellini che, in definitiva, dichiaravano inammissibile il ricorso, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle ulteriori spese processuali.

Avv. Aldo Antonio Montella

(Foro di Napoli)

 
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