Una sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti circa il recesso anticipato dal contratto di locazione laddove ci sia l’impossibilità di adeguare l’immobile locato alle prescrizioni in tema di sicurezza dei luoghi di lavoro.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14623 del 13 giugno 2017, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di recesso anticipato dal contratto di locazione.

Secondo i giudici, infatti, l’impossibilità di adeguare l’immobile locato alle prescrizioni in tema di sicurezza nei luoghi di lavoro previste dalla legge n. 626 del 1994 costituisce un “grave motivo” che legittima il recesso anticipato dal contratto di locazione.

Nel caso di specie, la proprietaria di uno stabile aveva agito in giudizio nei confronti dell’INPS, che aveva preso in locazione lo stabile stesso. La proprietaria aveva chiesto che fosse dichiarata “l’illegittimità o l’inefficacia della disdetta comunicata dall’Ente”.

Inoltre, la donna voleva che l’INPS fosse condannato al ripristino dello stato dei luoghi e al risarcimento dei danni arrecati all’immobile stesso.

L’Istituto di previdenza aveva giustificato il proprio recesso sulla base dell’entrata in vigore dalla legge n. 626 del 1994. Questa prescrive delle regole ben precise per quel che riguarda la sicurezza sul lavoro, e in base a esse, l’immobile non poteva essere utilizzato.

Secondo la proprietaria, tuttavia, la disdetta comunicata dall’INPS doveva considerarsi illegittima.

Ciò in quanto non sussistevano i “giusti motivi” che legittimano il recesso anticipato dal contratto di locazione, ai sensi dell’art. 27 della legge sulle locazioni (legge n. 392 del 1978).

Non solo.

Sempre secondo la ricorrente, la legge n. 626 del 1994 era entrata in vigore prima della rinnovazione tacita del contratto (avvenuta nel 1996).

Ne consegue, pertanto, che l’INPS avrebbe potuto disdettare la rinnovazione tacita del contratto ma, una volta rinnovatosi il rapporto, non avrebbe potuto giustificare il recesso anticipato sulla base di un evento verificatosi anteriormente alla rinnovazione stessa.

Il Tribunale di Velletri, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto solo la domanda risarcitoria proposta dalla proprietaria dell’edificio e la decisione era stata confermata dalla Corte d’appello di Roma.

A quel punto, ritenendo la decisione ingiusta, laa proprietaria dell’immobile aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza che aveva accolto solo in minima parte le proprie domande.

La Cassazione ne ha però rigettato il relativo ricorso, in quanto infondato.

Per i giudici, infatti, i gravi motivi che consentono il recesso anticipato dal contratto di locazione devono costituire dei fatti estranei alla volontà del locatario. Ed essere “imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto”.

Tali caratteristiche dei fatti giustificativi del recesso, peraltro, devono sussistere anche quando “una nuova normativa imponga al conduttore l’osservanza di determinate regole per lo svolgimento dell’attività programmata all’interno dell’immobile, in forza delle quali quest’ultimo diviene inidoneo allo scopo”.

Pertanto, “l’impossibilità di adeguare l’immobile locato alle nuove prescrizioni in tema di sicurezza nei luoghi di lavoro previste dalla legge n. 626 del 1994” costituiva un “grave motivo”.

Questo, appunto, legittimava il recesso anticipato del conduttore dell’immobile, laddove quest’ultimo fosse tenuto all’osservanza di tali regole.

Quanto al fatto che la legge n. 626 del 1994 era entrata in vigore prima della rinnovazione tacita del contratto di locazione, la Cassazione osservava quanto segue.

Se, dopo il sorgere dei gravi motivi di recesso, il contratto di locazione scade, il rimedio per porre fine al rapporto contrattuale è quello di comunicare la disdetta formale, che ne impedisca la rinnovazione tacita.

Laddove invece la parti lascino che il contratto si rinnovi, ciò “implica una tacita valutazione di convenienza alla prosecuzione del rapporto nonostante i fattori sopravvenuti, che dunque non potranno più, in un secondo momento, essere indicati dal conduttore a giustificazione del recesso anticipato”.

Nel caso di specie, tuttavia, la Cassazione osservava che il “grave motivo” posto a giustificazione del recesso anticipato dell’INPS non doveva farsi risalire al momento dell’entrata in vigore della legge n. 626 del 1994.

Esso risaliva al momento della redazione della relazione del tecnico regionale del 1998. Con essa,  l’INPS era venuta a conoscenza del fatto che l’immobile non era conforme alla nuova normativa in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Alla luce di tali circostanze, la Cassazione ha rigettato il ricorso della proprietaria dell’immobile, confermando integralmente la sentenza emessa dalla Corte d’appello e compensando tra le parti le spese processuali.

 

 

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