Abbaticchio: regionalismo differenziato non può rappresentare il grimaldello per privatizzare il rapporto di lavoro dei medici

“Gli accordi riguardanti il regionalismo differenziato tra il Governo e le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna possono mettere  in discussione l’universalismo del Servizio Sanitario Nazionale e penalizzare il Mezzogiorno”. A dichiararlo, nel corso di un incontro presso il Policlinico di Bari, il Presidente nazionale dello SMI, Ludovico Abbaticchio.
“Il regionalismo differenziato – ha evidenziato il rappresentante del Sindacato Medici Italiani – prevede che ulteriori materie legislative (sanità, istruzione, tutela dell’ambiente, ecc.)  siano date in esclusiva gestione alle regioni, sottraendole alla gestione congiunta dello Stato. La decisione di destinare la quasi totalità dei proventi dei residui fiscali alle Regioni del Nord metterebbe in grave crisi il sistema perequativo dello Stato, che con la fiscalità generale, finanzia lo stato sociale, le infrastrutture, l’istruzione e la sanità  di tutto il Paese”.
“Prendendo a riferimento l’accordo Governo e Regione Veneto, in tema di sanità, viene fuori – ha sottolineato Abbaticchio – che si attribuisce una maggiore autonomia alla Regione, finalizzata a rimuovere i vincoli di spesa a riguardo delle politiche di gestione del personale dipendente convenzionato o accreditato. La Regione avrà mano libera in materia di accesso alle scuole di specializzazione e potrà stipulare specifici accordi con le università presenti sul territorio regionale. Il Veneto, inoltre, potrà redigere contratti a tempo determinato di specializzazione lavoro per medici, alternativi al percorso delle scuole di specializzazione, solo per restare alle questioni riguardanti i medici.
Per lo SMI vi è dunque “il rischio concreto che si voglia cambiare il rapporto di lavoro del medico di medicina generale con il SSN, che oggi è di tipo parasubordinato, ossia  con la compresenza di subordinazione e autonomia, con un rapporto di tipo privatistico”.

In tal modo si aprirebbe  il Servizio Sanitario Nazionale ad organizzazioni private di professionisti sanitari.

“Ci opporremo, con forza, contro un  regionalismo differenziato che non può rappresentare il grimaldello per privatizzare il rapporto di lavoro dei medici, così come  non accetteremo l’ipotesi che la   formazione sia devoluta alle regioni perché si correrebbe il rischio della nascita di sistemi universitari diversificati in giro per il Paese”.
“Grandi perplessità esprimiamo, inoltre – aggiunge il presidente dello SMI – sul ruolo che le assicurazioni private potrebbero assumere per la coperture di servizi di assistenza sanitaria e di prestazioni  mediche oggi erogate dal servizio pubblico.
“Per queste ragioni, ribadiamo che  il Servizio Sanitario Nazionale debba mantenere il suo carattere omogeneo e non debba essere trasformato in una somma di servizi sanitari regionali, con l’aggravante dell’aumento dei cosiddetti ‘viaggi della speranza’ (pazienti che dalle regioni del Sud si vanno a curare nelle regioni del Nord)”.
“Si apra, in Italia, da subito, un dibattito partecipato con le professioni mediche, con quelle sanitarie, con le associazioni dei malati, con le forze politiche, con le istituzioni, per continuare ad assicurare il carattere di universalità all’assistenza medica e sanitaria in tutto il Paese e – conclude Abbaticchio – per non penalizzare il Mezzogiorno”.
 
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