Con la recentissima sentenza n. 5241 del 2017, la Suprema Corte penale, nell’affrontare un caso legato a reati di violenza sessuale, offre alcune importanti precisazioni in tema di affidabilità e sufficienza della prova.
In particolare, nel caso di specie, è stato analizzato, e rigettato, il ricorso proposto contro un provvedimento del Tribunale del Riesame, da parte di un soggetto accusato di violenza sessuale e di induzione indebita a dare o promettere utilità, e sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari.
Al di là delle motivazioni di rigetto riguardanti le difese in riferimento agli specifici fatti contestati, ciò che viene in risalto è, in primo luogo, la riflessione operata dalla Corte in riferimento alle premesse necessarie per la applicazione di misure cautelari personali. Infatti, spiega la Corte, tali misure di deprivazione della libertà personale, possono essere disposte se sussistano gravi indizi di colpevolezza che sono rappresentati da tutti quegli elementi che, seppure non siano da soli bastevoli a dimostrarne la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, siano comunque gravi, precisi e concordanti nel far ritenere l’imputato come autore dei reati contestati.
Ebbene, nel caso di specie, il ricorrente aveva filmato i propri incontri “amorosi” e dai filmati, visionati dagli inquirenti, emergevano in maniera inconfutabile i gravi indizi di colpevolezza che sono di per sé sufficienti alla applicazione ed al mantenimento della misura cautelare applicata.
Ciò che, però, merita particolare attenzione, visto anche il clamore generato dalla intervista pubblicata sulle pagine di questa testata in tema di registrazioni “fai da te”, è ciò che la corte sostiene in riferimento alla realizzazione di filmati ed alla loro possibilità di essere utilizzati come prove.
Ebbene, in primo luogo viene chiarito che le registrazioni video o audio che possono essere effettuate sia dall’indagato che dalla vittima, in determinati tipi di reati fra i quali le violenze sessuali, assumono il ruolo di prove documentali particolarmente attendibili in riferimento ai fatti od alle frasi in essi contenuti.
Ciò chiarito, prosegue la Suprema Corte, va del pari affermato che tale valore probatorio è dato dal fatto che nei files prodotti, viene cristallizzato in maniera oggettiva l’accadimento reale di un fatto storico. Inoltre, colui che registra, è in generale pienamente legittimato a rendere testimonianza rendendo, peraltro, definitivamente accertato il contenuto di eventuali colloqui registrati se, mi sento di aggiungere, dalla testimonianza, emerga che non vi siano sottesi o raggiri messi in atto al fine di alterare l’altrui comportamento o risposta con il fine di precostituire una prova documentale.
Come è facile comprendere, il tema delle registrazioni è di grande attualità ma, come in ogni cosa, ci vuole estrema cautela poiché capita che l’improvvisato “regista”, possa trovarsi accusato dalla propria voglia di documentare fatti e comportamenti.

Avv. Gianluca Mari

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