Il Gruppo era accusato di aver acquistato i principi attivi di farmaci mediante società offshore all’estero e di aver gonfiato i prezzi finali dei farmaci grazie a false fatturazioni

Dieci anni e sei mesi di condanna al presidente Lucia Aleotti, 7 anni e mezzo al fratello e vice presidente Giovanni Aleotti, in entrambi i casi per riciclaggio da frode fiscale, un miliardo di euro confiscati nei conti all’estero della famiglia. E’ una sentenza pesante quella che colpisce la più grande casa farmaceutica italiana, la Menarini di Firenze.

Il Tribunale del capoluogo toscano ha di fatto accolto le tesi della Procura condannando in primo grado, dopo un processo durato due anni, i vertici dell’azienda, accusati a vario titolo di riciclaggio, reimpiego di denaro sporco, evasione fiscale e corruzione. Caduta, invece, l’accusa di truffa;  il gruppo Menarini era infatti accusato di aver acquistato principi attivi di farmaci usando società estere fittizie e di averne aumentato il prezzo finale grazie a una serie di false fatturazioni.

L’inchiesta trae origine dalla scoperta, nel 2008, di un conto segreto in Liechtenstein di 476 milioni di euro di cui erano titolari presso la Banca Lgt del Principato il patriarca del Gruppo, Alberto Aleotti, poi morto nel 2014, sua moglie Massimiliana Landini e i figli Lucia, Giovanni e Benedetta. Il conto, secondo solo a quello del Granduca del Liechtenstein, era venuto alla luce quando un ex funzionario della Lgt, aveva venduto ai servizi segreti tedeschi, per 5 milioni di euro, la lista di 3.929 conti riservati di fondazioni e di 5.828 persone fisiche. Dalla Germania quelle carte erano state inviate in Australia nell’ambito della collaborazione internazionale e due anni dopo l’autorità fiscale australiana le aveva mandate prima al Comando generale della Guardia di Finanza e poi, tramite rogatoria internazionale, al Ministero della Giustizia.

Nel corso delle indagini i Nas hanno inoltre documentato “serrate attività di pressione” della famiglia Aleotti “su esponenti politici di spicco del Governo, negli anni 2008-2009”, per contrastare l’operato di alcune Regioni che “avevano adottato delibere a favore di farmaci generici”. Su tali pressioni, tuttavia, la procura non ha mosso alcun rilievo penale.

I legali difensori della famiglia Menarini, intanto, hanno annunciato il ricorso in appello sostenendo che “c’erano elementi seri per ritenere che i reati contestati non fossero sostenibili”. Prosciolti invece tutti gli altri imputati nel processo tra cui figurava anche la madre dei due fratelli, Massimiliana Landini. Per alcuni capi di imputazione, quali la truffa, anche i due fratelli Aleotti sono stati comunque assolti.

A tal proposito il collegio difensivo della famiglia Aleotti  ha specificato che “la sentenza del Tribunale ha escluso l’esistenza della truffa ai danni del servizio sanitario nazionale consistente, secondo l’accusa, nell’ottenere prezzi gonfiati dei medicinali. Di conseguenza sono state respinte tutte le pretese delle aziende sanitarie (circa 200). La condanna per riciclaggio riguarda esclusivamente i capitali personali scudati dal dottor Alberto Sergio Aleotti che il tribunale ha ritenuto provenienti da frode fiscale”.

“Lavoreremo ancora – affermano i legali – per far emergere ancor meglio, in appello, dalla enorme mole di documentazione acquisita al processo, le evidenti prove della estraneità dei nostri assistiti anche ai fatti per i quali oggi vi è una sentenza negativa ”

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