Non è il passeggero, secondo la Corte di Cassazione, a dover provare il ritardo aereo. L’onere dell’esatto adempimento spetta infatti al vettore

In caso di ritardo aereo, i passeggeri possono chiedere il risarcimento semplicemente presentando il titolo di viaggio e allegando l’inadempimento del vettore. Spetta alla compagnia aerea, infatti, l’onere di dimostrare la propria correttezza e la propria non colpevolezza per il disagio lamentato dal viaggiatore.

Lo ha chiarito con l’ordinanza n. 1584/2018 la Suprema Corte di Cassazione, terza sezione civile. Gli Ermellini si sono pronunciati sulla vicenda di un passeggero che ha chiesto alla compagnia aerea il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Il viaggiatore, a causa di un ritardo di oltre quattro ore del suo volo, aveva perso la coincidenza con un secondo volo.

La Corte di Appello aveva respinto l’istanza del passeggero, sostenendo che questi, oltre all’acquisto del biglietto, era tenuto a provare anche il ritardo aereo. Sul vettore sarebbe gravato invece il solo onere della prova liberatoria.

La Corte di Cassazione ha invece ribaltato tale orientamento. Per i Giudici di Piazza Cavour, infatti, la normativa in materia non contiene regole specifiche in relazione all’onere della prova dell’inadempimento o dell’inesatto inadempimento.

Sia la Convenzione di Montréal che e il Regolamento CE n. 261/2004 si basano sull’affermazione del principio di presunzione di responsabilità del vettore aereo. Tale presunzione opera sul piano dell’imputabilità dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 1218 c.c., e non su quello della prova oggettiva dello stesso.

In assenza di regole speciali sul punto, è necessario ricorrere ai criteri ordinari di riparto dell’onere della prova ex all’art. 2697 c.c. nonché alla giurisprudenza.

La Cassazione evidenzia, dunque, che chi agisce per il risarcimento del danno deve soltanto provare la fonte del suo diritto nonché il termine di scadenza. Nel caso in esame, il passeggero era tenuto a produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente, “potendosi poi limitare alla mera allegazione dell’inadempimento del vettore”.

Secondo gli Ermellini, invece, è in capo alla controparte l’onere di provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Nello specifico, è la compagnia area a dover dimostrare, in caso di ritardo, che questo sia stato contenuto sotto le soglie di rilevanza fissate dalla normativa.

Il Regolamento CE n. 261/2004, infatti, introduce una tipizzazione legale della soglia oltre la quale l’inesatto adempimento (ritardo) dl vettore genera obblighi risarcitori.

Del resto la Suprema Corte ha osservato come il passeggero non ha disponibilità di una prova diretta del ritardo dell’aeromobile su cui viaggiava. Una prova in tal senso potrebbe essere, ad esempio, la riproduzione fotografica dei tabelloni informativi dell’aeroporto. Il vettore aereo, invece, ha agevole facoltà di accesso alla prova ufficiale dell’orario esatto in cui il velivolo è atterrato. Esso infatti opera in regime di controllo e verifica da parte delle autorità aeroportuali del tracciato aereo do ogni volo.

 

 

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