Otto mesi di reclusione e 200 euro di multa a titolo di condanna per il reato di furto aggravato all’imputato che, approfittando dell’allontanamento temporaneo del commesso, scambia i due oggetti per rendere più difficile la scoperta che la merce era stata sottratta

Deve essere condannato per furto aggravato chi scambia un proprio oggetto non funzionante con uno nuovo esistente in vetrina, approfittando dell’allentamento momentaneo del negoziante.

La vicenda

Era stato accusato e poi condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 200 di multa, per il reato di furto di cui all’art. 624 cod. pen., aggravato ai sensi dell’art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen., per aver posto in essere atti diretti a provocare l’allontanamento del negoziante, al fine di approfittare della mancanza di questi per impossessarsi dell’oggetto del furto.

Nel corso del procedimento a suo carico, era infatti emerso che, l’imputato recatosi all’interno dell’esercizio commerciale, per ritirare una consolle, usata e non funzionante (per la quale la riparazione era senz’altro antieconomica), approfittando della circostanza che il commesso si fosse momentaneamente allontanato, sostituiva la propria con quella nuova offertagli in vendita, riponendo la prima nella vetrina, per evitare che il commesso, una volta ritornato nel locale, si avvedesse della sostituzione

Perché, dunque, l’aggravante?

La corte territoriale aveva motivato siffatta decisione asserendo che la condotta dell’imputato fosse espressione di scaltrezza, diretta a sorprendere la vittima, qualificante, dunque, la capacità offensiva della condotta.

Per il ricorrente, invece, richiamando l’orientamento espresso, sul punto dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, detta condotta non poteva rappresentare altro se non un banale ed ingenuo ordinario accorgimento, non richiedente alcuna predisposizione astuta, tale da escludere l’aggravante.

Detto in altri termini, la sottrazione di un bene, approfittando del mero allontanamento del legittimo proprietario, deve essere qualificata come condotta materiale tipica del furto semplice; al contrario, il mero allontanamento, non può costituire elemento specializzante della condotta punita come aggravata. La decisione della Cassazione

Secondo i giudici della Cassazione, il ricorso è infondato e, dunque, deve essere rigettato.

Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la sentenza impugnata ha mostrato di fare buon governo dei principi di diritto espressi dalla giurisprudenza di legittimità, in ordine al riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen., senz’altro ricorrente nella specie.

E’, infatti, principio consolidato, quello secondo il quale in tema di furto, la circostanza aggravante dell’uso del mezzo fraudolento sussiste qualora l’agente abbia posto in essere, nel corso dell’azione delittuosa, una condotta dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi abbia apprestato, a difesa dei beni di cui ha la disponibilità (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013,; Sez. 4, n. 8094 del 29/01/2014; Sez. 7, Ord. n. 8757 del 07/11/2014).

Mezzo fraudolento, dunque, è stato individuato dalla giurisprudenza di questa Corte in un’insidia o elemento artificioso o, comunque, in un’operazione straordinaria, improntata ad astuzia, capace di eludere le cautele predisposte dal soggetto passivo a difesa delle proprie cose ed, in genere, a vanificare l’ordinaria vigilanza e custodia della cosa.

La decisione

Applicando i suddetti principi al caso in esame, si osserva che il furto della consolle, perpetrato ai danni della parte lesa, secondo le modalità descritte nelle sentenze di merito, è stato realizzato con modalità del tutto confacenti alla ritenuta qualificazione aggravata della condotta in addebito.

Orbene la descrizione dell’elemento materiale, fornita dai giudici di merito, evidenzia una condotta ulteriore, posta in essere dall’agente, ai danni della vittima, caratterizzata da particolari abilità e astuzia, idonea ad eludere la sorveglianza del titolare del possesso della res.

La sentenza di appello, infatti, descrive l’azione come fulminea e posta in essere approfittando della distrazione del detentore della res, ma accompagnata da ulteriore condotta, diretta proprio ad impedire che questi si accorgesse, tempestivamente, dell’impossessamento (lo scambio dei due apparecchi).

Va, pertanto, affermato il principio di diritto secondo il quale l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento ricorre quando la condotta, idonea a sorprendere o ad eludere la sorveglianza del detentore, avvenga non soltanto approfittando del momentaneo allontanamento del detentore della res, ma attraverso ulteriori accorgimenti, espressione di scaltrezza, diretti a sorprendere il detentore, nonché a ritardare la scoperta della sottrazione (nella specie attraverso lo scambio di oggetti).

 

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