L’Associazione nazionale dei giovani avvocati, a seguito del caso Stefano Leo, chiede al Ministero della Giustizia di rendere noti i dati relativi tempi di esecuzione delle sentenze penali

Il Ministero della Giustizia renda noti i dati relativi ai tempi di esecuzione delle sentenze penali passate in giudicato. Per tali  si intendono “i tempi mediamente intercorrenti tra il passaggio in giudicato della sentenza e l’emissione dell’ordine di carcerazione”. A chiederlo è l’Associazione Nazionale Giovani Avvocati, che inviterà formalmente il Ministero anche ad “accelerare l’adeguamento della pianta organica degli uffici amministrativi del comparto giustizia per renderla adeguata alla mole e all’importanza della funzione svolta”.
L’AIGA prende dunque posizione dopo i risvolti successivi alla morte di Stefano Leo, il 33enne accoltellato per strada a Torino da Said Machquat. Un episodio – si legge in una nota dell’Associazione – che ha generato sconcerto nell’opinione pubblica sia per la natura del tutto immotivata del gesto e sia, o soprattutto, per la circostanza che ad assassinarlo fosse stato un uomo in attesa di espiare una condanna definitiva alla pena (non sospesa) di diciotto mesi di reclusione sin dal maggio del 2018.
Ieri la famiglia di Stefano Leo è stata raggiunta dalle scuse del Presidente della Corte d’Appello di Torino, Edoardo Barelli Innocenti. Il magistrato ha espresso la propria mortificazione per quanto accaduto e ha tratteggiato nello stesso tempo un quadro drammatico di quella che è la situazione organizzativa del distretto che presiede, dovuta principalmente alla carenza di personale amministrativo.

A livello nazionale le cose non sembrano andare meglio.

Secondo un resoconto pubblicato dal Corriere della Sera sullo  stato dell’arte della materia della esecuzione penale sarebbero circa 50.000 le sentenze irrevocabili non ancora messe in esecuzione. Più precisamente – specifica l’AIGA –  sarebbero 50.000 le sentenze irrevocabili alle quali non avrebbe ancora fatto seguito l’ordine di carcerazione sospeso o meno, a seconda che la pena da espiare sia inferiore o superiore ai quattro anni di reclusione.
“Se tali dati corrispondessero al vero – afferma il vice presidente nazionale di Aiga, l’avvocato Domenico Attanasi – saremmo in presenza di una situazione di vero e proprio allarme sociale, sotto il duplice profilo della ulteriore irragionevole ed abnorme dilatazione dei tempi della giustizia e della sicurezza dei consociati”.
 
Leggi anche:
INCARICHI FORENSI A COMPENSO ZERO: INTERVIENE L’AIGA

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui