Spesso la valutazione del danno biologico necessita di una collegiale. Sentire e fare, questo è il dilemma!

Sentire e fare, due modi di esprimere il disagio, due modi di comunicare un danno, due modi per manifestare una ridotta qualità della vita.

Ascoltare, esaminare e descrivere è il compito del medico legale di “razza”, che deve esprimere le sue valutazioni.

La sofferenza è espressione del dolore fisico e di quello psichico che si riverbera su “ sentire e fare ” che sono gli aspetti della “funzione” sociale del cittadino danneggiato. E per sociale si intende il binomio “patrimonio e non patrimonio”, ossia sulla capacità di produrre reddito e sulla esistenzialità nella sua globalità.

Insomma, la sofferenza è in sé un disagio psichico e una compromissione della funzionalità del soggetto interessato.

Quindi la sofferenza, che è la conseguenza del dolore, si deve seriamente valutare per descrivere la menomazione globale del soggetto che ha subito un fatto illecito.

Può da solo il medico legale dare un giudizio in termini di danno patrimoniale e non o necessita della collaborazione di una figura professionale in qualità di ausiliario?

La risposta è affermativa se si parla di macrolesioni, ed è, invece, “in forse” quando si accertano i c.d. micro danni.

È una questione, quella rappresentata, che la medicina legale contemporanea si sta ponendo con forza per l’invasione di campo fatta negli anni dalla giurisprudenza che arroga a se il diritto di “forfettizzare” tale fattispecie di danno per raggiungere il c.d. “integrale risarcimento”.

Ma sono il medico legale e lo psicologo forense che debbono dettare le regole di tale valutazione.

Il primo in assoluta autonomia ed esclusività, descrivendo le conseguenze della sofferenza in termini di disfunzionalità di organo o apparato. Il secondo, soprattutto nelle c.d. macropermanenti, descrivere la frequente “degenerazione psichiatrica” con specifiche diagnosi testistiche che condurranno il medico legale ad una valutazione globale del danno conseguenza che il fatto illecito ha generato.

Ma v’è di più. L’esperienza del medico legale clinico permette a quest’ultimo di fare in autonomia la valutazione “globale” delle micropermanenti, sempre in termini di danno biologico, dove per globale si intende quella valutazione della disfunzionalità comprensiva anche del “disagio” nocicettivo proprio di un determinato tipo di lesione-menomazione.

Per quanto suddetto, si auspica – da un lato – che gli autori delle nuove tabelle SIMLA rivedano lo schema della valutazione del dolore che sembra totalmente avulso dalla logica valutazione del danno biologico, dall’altro, che il nuovo ministro della giustizia convochi presto un tavolo per la riforma delle paventate e disastrose tabelle della valutazione del danno non patrimoniale proposte dal precedente governo.

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

 

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