La testimonianza ha valore ‘valutativo’ ed è quindi inammissibile come prova; dal racconto del testimone può desumersi la sussistenza di una relazione adulterina

I testimoni non possono fornire direttamente la prova dell’esistenza di una relazione extraconiugale, ma possono essere solamente interrogati su fatti storici dai quali è possibile desumere che il tradimento si sia effettivamente verificato. Lo ha chiarito con una sentenza del 18 gennaio 2017 il Tribunale di Milano pronunciandosi su una causa di separazione tra due coniugi
Il Giudice milanese ha ritenuto che, in relazione alle istanze istruttorie del convenuto, ovvero il marito, i capitoli di prova dedotti erano generici, valutativi o avevano a oggetto fatti non contestati o da provarsi a mezzo documenti o irrilevanti, per come formulati, ai fini del decidere sulla domanda di addebito della separazione.
In particolare è stato ritenuto puramente ‘valutativo’ e quindi inammissibile come prova, il racconto fornito da un teste presentato dall’uomo, cui era stato chiesto di pronunciarsi circa l’intrattenimento da parte della moglie, di una relazione extraconiugale da un certo periodo.
Lo stesso Tribunale ha precisato che il testimone può solamente riportare i fatti; da tali fatti, può desumersi, nello specifico, la sussistenza di una relazione adulterina a partire da una certa data.
In conclusione il Giudice ha ritenuto di respingere la domanda di addebito della separazione alla moglie formulata dal convenuto – e fondata, tra i principali motivi, sulla relazione extraconiugale della donna – per carenza di adeguata prova di condotte della stessa in contrasto con i doveri discendenti dal matrimonio, intervenute prima del manifestarsi di una crisi irreversibile del rapporto coniugale e tali da determinare la crisi del rapporto.

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