Protagonisti della contesa, sono due fratelli in lite tra di loro per una servitù di parcheggio

Il tema è interessante, perché oltre la lite tra consanguinei, si discute delle c.d. servitù di parcheggio. Cosicché nell’odierna sentenza ci si domanda: può, in caso di allargamento di una strada comunale ai danni dell’area oggetto della servitù, il proprietario del fondo servente, continuare a parcheggiare in un’area limitrofa?

Uno dei fratelli aveva citato in giudizio l’altro al fine di accertare che l’area gravata dalla servitù di parcheggio (costituita con contratto nel 1987) in favore del fondo di proprietà del convenuto era in gran parte occupata dall’allargamento di una strada comunale (intervenuta nel 2005) e che il convenuto non aveva più diritto di parcheggiare sulla restante area del fondo dell’attore. L’azione giudiziale era perciò volta ad inibire quest’ultimo in tal senso e condannarlo al risarcimento di tutti i danni connessi.

Il fratello citato in giudizio, si costitutiva regolarmente davanti al tribunale civile, resistendo a tutte le domande della controparte e anzi, adducendo che l’allargamento della strada concerneva solo parte dell’area del parcheggio e non impediva perciò di parcheggiare mezzi, quali biciclette o motociclette nell’area limitrofa.

Il processo

Secondo il giudice di primo grado la domanda attorea andava rigettata, posto che il convenuto aveva da sempre parcheggiato i propri mezzi su un’area diversa da quella individuata nell’originario contratto di costituzione della servitù.

In appello, la sentenza veniva parzialmente riformata, con condanna del ricorrente all’obbligo di astenersi dall’utilizzo dell’area di proprietà del fratello non gravata dal diritto di parcheggio.

Insomma la vicenda finì direttamente al vaglio dei giudici della Suprema Corte, che senza alcun dubbio, confermavano la sentenza di secondo grado.

La materia della servitù di parcheggio è molto nota alla giurisprudenza della Cassazione.

L’istituto giuridico

Secondo l’art. 1027 c.c., la servitù consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appratente ad un altro proprietario.

Due degli elementi essenziali di tale fattispecie giuridica sono l’utilitas la quale può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante (art. 1028 c.c.); e il fatto che essa sia riferita ad un fondo e non alla persona del proprietario. Tale elemento non è scontato, dal momento che qualora il vantaggio vada a favore di una persona si parlerà di servitù irregolari o personali, che hanno efficacia obbligatoria (e, pertanto, inter partes) e carattere personale.

Di qui nasce l’annoso dibattito relativo alla alle c.d. servitù di parcheggio, consistente nel diritto di fare stazionare uno o più veicoli sul fondo altrui, al fine di dotare di detta utilità, l’immobile di proprietà altrui.

La sua configurabilità è stata da tempo contestata posto che in questo caso, l’utilitas si risolverebbe in un vantaggio personale dei proprietari, anziché del fondo.

Secondo l’impostazione originariamente seguita dai tribunali e confermata nelle sentenze della cassazione, la servitù di parcheggio, non corrisponde ad alcun diritto di servitù, né altro diritto reale. La comodità derivante dal parcheggiare l’auto per i beneficiari sul fondo, consisterebbe per sua stessa natura, ad un vantaggio personale. (Cass. sent. n. 8137/2014).

Di recente, però, la Cassazione (sent. n. 16698/2017) ha fatto un passo in avanti, affermando che la disciplina codicistica di cui all’art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di una servitù di parcheggio. Ciò non significa, però, affermarne la configurabilità in ogni caso, essendo il giudice di merito tenuto a verificare in concreto il titolo e la situazione oggetto del giudizio, per valutare se sussistano i requisiti propri del diritto reale in discorso.

 

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