La donna aveva reso pubblica una relazione extraconiugale; per il Tribunale il suo comportamento ha leso la dignità del marito, un diritto costituzionalmente protetto

Dichiararsi separati sui social network quando ancora si è ufficialmente sposati potrebbe costare caro. E’ quanto accaduto a una donna condannata dal Tribunale di Torre Annunziata a liquidare cinquemila euro al marito per danni non patrimoniali. La signora, nello specifico, aveva reso pubblica una relazione extraconiugale e aveva cambiato il proprio status su Facebook da ‘sposata’ in ‘separata’. Il giudice, pur rigettando entrambe le domande di addebito della separazione, non ha avuto dubbi nel condannarla al risarcimento, secondo quanto stabilito dalla pronuncia n.2643 dello scorso 24 ottobre.

Nella sentenza si spiega che affinché possa sussistere una responsabilità risarcitoria è necessario che, una volta accertata la violazione del dovere di fedeltà, deve essere accertato il nesso di causalità fra tale violazione ed il danno, “che per essere a detto fine rilevante non può consistere nella sola sofferenza psichica causata dall’infedeltà e dalla percezione dell’offesa che ne deriva” ma deve concretizzarsi nella compromissione di un interesse costituzionalmente protetto.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (e in particolare la sentenza n. 18853/2011), tale evenienza “può verificarsi in casi e contesti del tutto particolari, ove si dimostri che l’infedeltà, per le sue modalità e in relazione alla specificità della fattispecie, abbia dato luogo a lesione della salute del coniuge – trasmodando – in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell’offesa di per sé insita nella violazione dell’obbligo in questione, si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona, costituente bene costituzionalmente protetto”.

Nel caso in questione il Tribunale campano ha ritenuto sussistente tali condizioni. La moglie, infatti, si era mostrata in pubblico in compagnia dell’amante, aveva affermato di essere divorziata e si dichiarava separata sul proprio profilo Facebook quando in realtà il procedimento di separazione non era ancora iniziato; come se non bastasse aveva più volte offeso il marito chiamandolo ‘verme’ di fronte a terzi e affermando che aveva tendenze omosessuali. Tali comportamenti, per il giudice, andrebbero oltre la “mera violazione del dovere di fedeltà tutelato e sanzionato dall’addebito” e sarebbero pertanto sufficienti per ritenere lesa la dignità e la reputazione dell’uomo.

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