Secondo il rapporto dell’European Biosafety Network sulla sicurezza ospedaliera, gli infermieri sono gli operatori sanitari più a rischio

Il rapporto dell’European Biosafety Network sulla sicurezza ospedaliera lancia un allarme: ogni anno 100 mila ferite accidentali si verificano negli ospedali.
E la categoria più colpita è quella degli infermieri, feriti a causa di strumenti taglienti e pungenti, come aghi, forbici e bisturi.

Quando si parla di sicurezza ospedaliera, infatti, gli infermieri sono i primi a fare le spese di eventuali falle nel sistema.

Proprio perché sono coloro i quali che vivono più a contatto con i malati. una delle figure
Non solo. Si tratta anche dei due terzi degli operatori sanitari in ambito ospedaliero.
Secondo l’OMS, nel mondo ogni anno si verificano oltre 3.000.000 di incidenti causati da strumenti pungenti o taglienti contaminati con HIV o virus dell’epatite B e C. La maggior parte di questi casi, dal 51 al 58%, vede coinvolti gli infermieri.

Durante il summit dell’European Biosafety Network si è parlato appunto di sicurezza ospedaliera con il supporto di Becton Dickinson.

Ne è emerso che solo un ospedale su due utilizza dispositivi di sicurezza quando è previsto l’impiego di aghi cavi per terapie endovenose e meno di uno su due per il prelievo venoso, le situazioni di maggior pericolo di infezione da patogeni trasmessi col sangue.
Non è raro, poi, che siano gli stessi infermieri a non rispettare le procedure previste.
Come testimoniato dai dati dell’Osservatorio Italiano 2017 sulla Sicurezza di Taglienti e Pungenti per gli operatori sanitari, una ricerca realizzata da GfK Italia, due infermieri su tre ammettono di mettere in pratica almeno un comportamento che li mette a rischio di incidenti per puntura o taglio. Numeri non bassi dato che si parla del 66%.

Eppure incrementare la sicurezza ospedaliera costituirebbe un grosso risparmio anche in termini economici.

Contenere la spesa, infatti, è possibile anche riducendo i costi della gestione degli incidenti professionali.
In Italia comunque si registrano situazioni diverse a livello regionale.
“L’Italia ha un’eccellente legislazione sulla sicurezza del lavoro, tuttavia per quanto attiene l’adozione dei dispositivi di sicurezza, che dovrebbero andare a sostituire gli strumenti che l’operatore usa quotidianamente per svolgere il suo lavoro e che lo mettono a rischio di infezioni, molto deve essere ancora fatto”.
A dirlo è Gabriella De Carli, infettivologa dello Studio Italiano Rischio Occupazionale da HIV presso l’Istituto Spallanzani.
L’esperta ha specificato come ogni anno quasi 36 milioni di euro vengano spesi per far fronte alle conseguenze delle ferite accidentali degli infermieri.
Un dato preoccupante che dovrebbe invitare gli addetti ai lavori anche a riflettere sul risparmio notevole che comporterebbe l’adozione di procedure sicure da parte degli operatori sanitari.
 
 
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