Una famiglia di Portogruaro ha ricevuto un maxi risarcimento da mezzo milione di euro: il medico non diagnosticò la sindrome di down al loro bambino.

Un caso di sindrome di down non diagnosticata è costato caro alla Aulss 4 Veneto Orientale.

Quest’ultima è stata infatti condannata a pagare mezzo milione di euro a una famiglia, il cui bambino, nato nel 2012, era nato con la sindrome di down senza che i genitori ne fossero al corrente, nonostante gli esami medici effettuati nel corso della gravidanza.

La vicenda

Il caso risale alla fine del 2000. La madre del piccolo nato con sindrome di down non diagnosticata, si era rivolta al primario per essere seguita al meglio nel corso di quella che era la sua prima gravidanza.

La donna, appena ventenne, decide di sottoporsi agli esami ematochimici ed ecografici indicati dal medico.

Il primario, però, si limita ad effettuare la translucenza nucale, di fatto omettendo di effettuare il Duo Test, con tutti i necessari dati biochimici.

Informazioni che, insieme agli altri dati ecografici, avrebbe consentito di valutare il rischio calcolato di Trisomia 21.

Il bimbo nasce e i genitori scoprono solo in quel momento della sindrome di Down.

Nel 2012, quindi, danno il via alla battaglia giudiziaria e si affidano agli avvocati Gianluca Liut e Ilaria Giraldo.

Con l’aiuto dei loro legali, intendono ottenere l’accertamento della responsabilità professionale del medico e della struttura sanitaria presso cui il primario prestava servizio in libera professione.

Adesso, la Aulss è stata condannata dal Tribunale Civile di Pordenone (giudice dott. Francesco Tonon) a pagare mezzo milione di euro di risarcimento per l’omessa diagnosi sul feto.

Per i giudici infatti, il primario di ostetricia e ginecologia di Portogruaro all’epoca dei fatti è responsabile per non aver diagnosticato la malformazione genetica del bambino.

Ad avallare la decisione del giudice è stata la consulenza tecnica disposta dal Tribunale e affidata al prof. Carlo Moreschi e al dott. Giovanni Del Frate.

Questa ha infatti riconosciuto la colpa del medico, il quale non sottopose la giovane madre agli esami di screening e alla diagnostica prenatale.

 

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