Solo il 15% delle ambulanze con medico a bordo: lo denuncia Fiaso che fotografa la situazione nazionale del sistema di urgenza pre-ospedaliera

Il sistema di urgenza pre-ospedaliera nel nostro paese è caratterizzato da una gestione frammentata che può portare a una vera e propria emergenza sanitaria. È quanto emerge dallo studio Fiaso che analizza la situazione nazionale del 118. 

A preoccupare è soprattutto la situazione delle ambulanze con medico a bordo che sono (mediamente) solo il 15%. Nel 30% i mezzi inviati in soccorso hanno solo infermieri e il restante 55% delle unità inviate vede la presenza dei soli volontari e soccorritori non sanitari. 

Lo studio ha fotografato i modelli organizzativi del sistema di urgenza pre-ospedaliera delle centrali operative 118, del trasporto sanitario su gomma e dell’elisoccorso e ha riguardato, in tutto o in parte, 12 Regioni e 18 Aziende sanitarie, che nel 2015 hanno garantito oltre 2 milioni di missioni di soccorso (circa un terzo del totale dei soccorsi annui in Italia). 

Le Regioni interessate sono: Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano, Puglia, Sicilia e Sardegna.

“La seconda fase del Laboratorio sui servizi di emergenza territoriale rivela lo sforzo compiuto dalle organizzazioni per garantire efficacia ed efficienza del servizio, al di là delle significative differenze frutto di autonome scelte di programmazione regionale”, commenta il Presidente Fiaso, Francesco Ripa di Meana.

“Sosterremo un benchmark regolare dei servizi 118 – conclude – per migliorare l’offerta in un campo così significativo del nostro sistema sanitario”.

Modelli organizzativi a confronto 

La ricerca ha analizzato i diversi modelli organizzativi in cui si esplica il sistema di urgenza pre-ospedaliera: soccorso su gomma, centrali operative ed elisoccorso. 

Riguardo al servizio di soccorso su gomma, le realtà analizzate si riferiscono a livelli territoriali differenti. Così a livello provinciale o inter-provinciale le organizzazioni si caratterizzano per la presenza di una centrale operativa, in ambiti regionali il numero di centrali è maggiore. 

Il numero di postazioni territoriali e la loro distribuzione dipende da diversi fattori come l’orografia del territorio e le caratteristiche della rete ospedaliera, variando da un minimo di 21 (ASL 1 Imperiese) a un massimo di 471 (AREU Lombardia). 

L’analisi sulle centrali operative indica una grande mole di interventi con, in media, 11 chiamate per ogni 100 residenti l’anno, che generano, sempre in media, un traffico di 14,7 chiamate l’ora.

La ricerca rileva la presenza di operatori infermieristici in tutte le centrali, così come previsto dal DPR 27/03/1992, mentre la presenza di operatori tecnici è riscontrabile in molte realtà. 

A indicare il buon funzionamento delle centrali operative sono i dati sulle attività da loro svolte. Il monitoraggio delle risorse chiave per garantire assistenza dopo il soccorso, come la disponibilità di posti letto negli ospedali è assicurata sistematicamente nel 75% dei casi. L’allertamento degli ospedali di ricezione è sistematico nel 90% dei casi. Il triage telefonico con il medico è svolto invece sistematicamente nel 15% dei casi, occasionalmente nel 50% in base a specifiche esigenze.

La ricerca analizza infine l’evoluzione del servizio di elisoccorso, particolarmente efficace quando è richiesta un’azione rapida in condizioni poco agevoli se non ostili. Il numero di basi dell’elisoccorso e le elisuperfici presenti per territorio si presenta a macchia di leopardo ed è organizzata dentro i confini regionali. 

Ambulanze con medico a bordo: quadro frammentato 

Dallo studio emerge un quadro molto frammentato con realtà dove la presenza del medico sale fino al 66% (nel caso della Asl di Lecce) e in altre dove il medico è presente solo nell’8% dei mezzi (nel caso dell’Azienda regionale emergenza urgenza (Areu) della Lombardia).

“Ma al di là delle differenze territoriali – si legge nello studio – i servizi di emergenza servono tempestivamente ed efficacemente ogni anno oltre l’11% della popolazione

Un sistema complesso e articolato che in media, nell’arco di un anno, dedica un mezzo di soccorso a ciascun residente per 35 minuti. Minuti che diventano 10 se ci si riferisce ai soli mezzi avanzati, cioè con la presenza di almeno un sanitario a bordo. Il 55% delle missioni viene compiuto, infatti, da Unità operative mobili (Uom) di base, senza la presenza di sanitari, il 30% con Unità con infermieri a bordo e il 15% con la presenza di un medico”. 

Diversità frutto delle differenti normative e politiche di programmazione regionale che incidono anche sulla composizione degli equipaggi chiamati a intervenire.

“La presenza di personale medico nelle Unità operative mobili – precisa Maria Paola Corradi, Vice Presidente Fiaso, Dg dell’Ares 118, nonché coordinatrice del Laboratorio – è perfettamente in grado di garantire l’adeguata assistenza ai pazienti codice rosso, che rappresentano circa il 5% degli interventi. Nei casi meno gravi il personale infermieristico e i volontari adeguatamente formati sono addestrati a gestire i parametri vitali dei pazienti in qualsiasi circostanza, nella fase di soccorso e trasporto”. 

“La conformazione dei nostri mezzi di soccorso – ha proseguito Maria Paola Corradi – è quella di riferimento al livello internazionale. Basti pensare che negli Stati Uniti non è prevista nemmeno la presenza di un infermiere a bordo”.

Sotto esame anche l’aspetto economico, “La ricerca ha evidenziato – spiega Maria Paola Corradi – problematicità significative nel rilevare in modo omogeneo il costo di funzionamento dei differenti sistemi che, come nel caso delle centrali operative, in alcune realtà sono a carico delle Regioni. Ma a parità di esiti le performance di costo e di efficienza possono assumere un rilievo importante, favorendo una distribuzione delle risorse che garantisca al contempo parità e omogeneità di accesso in base ai bisogni del territorio”.  

Barbara Zampini

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