Il trattamento testato mira a riparare i danni al sistema nervoso causati dalla malattia

L’infusione di cellule staminali in persone affette da sclerosi multipla è stata già testata nell’ambito di alcuni studi internazionali. Venerdì scorso, tuttavia, per la prima volta al mondo un trial condotto presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano ha visto la realizzazione di un trapianto di cellule staminali neurali, finalizzato a riparare i danni al sistema nervoso dovuti alla malattia. Tali cellule, infatti, vanno ad agire sul sistema nervoso centrale e sono pertanto potenzialmente più efficaci nel ridurre i danni. Il paziente che ha subito il trattamento, il primo di dodici malati arruolati nel progetto, è monitorato e sta bene.
Precedenti lavori avevano dimostrato l’efficacia di questa terapia nei topi: in quelli trattati, si è osservata una parziale ricostruzione della guaina mielinica, la riduzione dello stato infiammatorio e una diminuzione dei sintomi. Le staminali, infatti, assolvono a una duplice funzione secernono sostanze capaci di proteggere direttamente i tessuti danneggiati e sono in grado, in parte, di differenziarsi in cellule che producono nuova mielina che va a sostituirsi a quella danneggiata.
Per il test sull’uomo sono state scelte persone con malattia in stadio avanzato e in forma progressiva. La prima infusione è stata fatta attraverso una puntura lombare; le staminali neurali di origine fetale sono state immesse nel liquido cerebrospinale del paziente, così da raggiungere cervello e midollo, dove svolgeranno la loro azione.
“L’obiettivo – spiega Gianvito Martino, direttore Scientifico del San Raffaele e capo Unità di ricerca in Neuroimmunologia – trattandosi del primo studio del genere, è testare sicurezza e tollerabilità del trattamento, non la sua efficacia. Per questo coinvolge pochi pazienti selezionati”.
La terapia, frutto di dieci anni di ricerca, è anche merito del sostegno di Fism e Aism. “Siamo stati pionieri nella ricerca di terapie basate sulle staminali – dichiara Mario Alberto Battaglia, presidente Fism – Nel 2000 ancora non si investiva in questo campo e noi ci abbiamo creduto finanziando il percorso di ricerca. La scienza ci ha dato ragione”.

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